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Zona Franca / Il rispetto nel pubblico … Il rispetto nel privato

Il rispetto nel pubblico – Tutto è relativo nella vita, relativo a ciò che a ognuno di noi conviene fare. Pronti a chiedere il rispetto di tutto (norme, leggi, paesaggio, monumenti ecc.) sino a quando non tocca a noi farlo.
Ogni tanto, camminando, viene d’alzare lo sguardo, spesso sarebbe meglio non farlo, ma tant’è. In una di queste occasioni, l’occhio cade sul prospetto del palazzo dell’ex Corte d’Assise che, come è noto, fa parte del complesso Granafei-Nervegna. C’è qualcosa che fa a «cazzotti» con la memoria fotografica che ognuno di noi possiede, anche se il particolare in questione potrebbe apparire insignificante. Infatti, l’elemento «estraneo» è costituito da alcune ringhiere, prima inesistenti, che si notano su quattro delle cinque finestre del primo piano. Quegli elementi, apparentemente trascurabili, costituiscono una variazione del prospetto di un edificio storico, cosa non facile da essere autorizzata soprattutto per un comune mortale, com’è giusto che sia. Quei locali dell’ex Corte d’Assise sono occupati da una biblioteca per ragazzi che qualche anno fa vinse un bando regionale con relativo finanziamento. Si da per scontato che siano stati chiesti il parere e il permesso della Soprintendenza, essendo quello un bene vincolato. Soprattutto dopo l’esperienza della «similportamesagne», allestimento surreale in carton gesso che, giustamente, fu fatto rimuovere dalla Soprintendenza e – detto per inciso – chissà a chi furono addebitate quelle spese … si spera non alle casse comunali (vedi Agenda n. 6 dell’8 febbraio 2019 e n. 31 del 6 settembre 2019).
Perciò meraviglia che la stessa Soprintendenza abbia espresso parere positivo per una evitabile modifica del prospetto. Va detto che all’interno dei locali le finestre hanno un parapetto in muratura che dovrebbe rispettare le norme di sicurezza altrimenti non si comprende come mai quei locali siano stati destinati all’attuale utilizzo. Ma, compressibilita, si voleva essere ancora più sicuri che la esuberante vivacità dei piccoli frequentatori della biblioteca non avrebbe causato pericoli, per cui sono state montate quelle ringhiere all’esterno delle finestre. Ma non c’erano altri modi per garantire egualmente la sicurezza creando rimedi dall’interno? Giusto per evitare la modifica del prospetto. E, probabilmente, questo sarebbe stato il compito della stessa Soprintendenza.

Il rispetto nel privato – A Lecce il centro storico è stato sufficientemente salvaguardato, a differenza di quanto è accaduto a Brindisi che ha subito interventi che l’hanno segnata irreversibilmente facendole perdere molto della sua identità. E forse anche per questo c’è stato una sorta di distacco «affettivo».
Un altro episodio del poco riguardo usato verso le vestigia antiche è stato evidenziato su Facebook da «Giuseppe Mastorna detto Fernet» con il post: «Santa Maria delle Grazie da convento a rimessa». L’esplicita critica si riferisce alla modifica del prospetto per consentire l’ingresso di auto. Per capire l’importanza storica della questione, trascrivo una nota di Giacomo Carito: «Il convento di S. Maria delle Grazie, era sede fin dal sec. XII, secondo la tradizione, da una comunità di eremiti. In una Relazione del 1650 si legge che fu fondato nel 1193 col consenso del papa Celestino III; notizie certe si hanno a partire dal 1330, non si sa però se fossero gruppi di eremiti attivi nelle grotte del contado o con stile di vita modellato su quello dei monaci agostiniani giunti in Puglia ai primi del IV secolo, profughi dall’Africa settentrionale. Il convento, ubicato in via Santa Margherita e confinante con l’attuale Calvario, fu utilizzato dai vescovi brindisini per le cerimonie connesse al loro solenne ingresso in città. Nel XVII sec. furono eseguiti sostanziali restauri della chiesa e del convento. Gli agostiniani stettero a Brindisi fino al 1813; il convento, con decreto 21 aprile 1813 e provvedimenti attuativi del successivo 13 luglio, destinato ad ospedale e concesso al comune, fu poi acquisito da privati e oggi ospita private abitazioni».
Quei «resti», pertanto, sono una parte importante della storia di Brindisi e dovrebbero inorgoglire chi li possiede spronandoli alla loro tutela. Non è dato sapere però a quanti anni fa risalgano le modifiche che hanno scandalizzato «Mastorna detto Fernet» e chissà se, al tempo, siano state autorizzate. Fatto sta che, sia l’uno che l’altro caso rimarranno come due delle tante mancanze di amore e di riguardo verso questa città.

Giorgio Sciarra (Rubrica ZONA FRANCA – Agenda Brindisi 12 novembre 2021)

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