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Zona Franca: cono d’atterraggio / Porto «core», lo scippo perfetto

Il cono d’atterraggio – Nel corso di una intervista al direttore generale Aeroporti di Puglia (AdP), Marco Catamerò (TG Raitre Puglia) è stato confermato che il prossimo 12 maggio termineranno i lavori di adeguamento delle infrastrutture di volo e dei relativi impianti AVL della pista RWY 13/31 dell’Aeroporto del Salento. Catamerò ha ribadito che tali lavori, ormai in dirittura di arrivo, oltre ai vantaggi tecnici per lo scalo aeroportuale brindisino, consentiranno «di far transitare dal porto medio navi con un’altezza sino a 50 metri». Sarà eliminato così, finalmente, un grosso limite del nostro porto. Non del tutto, poiché è bene precisare, giusto per la cronaca, che le navi da crociera che sinora hanno toccato il porto di Brindisi, per lo più quelle della MSC, hanno tutte un «air draft» superiore ai 51 metri. Quindi per il traffico relativo a questa classe di navi non cambierebbe nulla, neanche con i progettati e fortemente voluti nuovi accosti di Sant’Apollinare. Attualmente l’area dell’ex spiaggia brindisina è fuori dal cono di atterraggio (vedi l’immagine pubblicata per questa stessa rubrica il 5 febbraio scorso). In seguito, però, con il banchinamento dell’area e per la lunghezza delle navi (circa 300 metri), probabilmente queste ricadrebbero nel cono con le sue implicite limitazioni. Quindi indicare gli accosti di Sant’Apolinnare come la soluzione degli approdi crocieristici potrebbe rivelarsi, forse, non proprio esatto. Ci chiediamo se quando venne commissionato il video rendering per illustrare scenograficamente l’arrivo e l’ormeggio delle navi ai nuovi accosti, oltre agli effetti visivi di indubbio impatto, ci si è preoccupati di analizzare tutti i possibili scenari. Solo per evitare di trovarsi di fronte a realtà diverse. Comunque, una parte rilevante dei limiti posti dal cono d’atterraggio è stata risolta con tali lavori, per il resto pare essenziale perfezionare e potenziare il coordinamento tra i due sistemi di controllo del traffico aereo e portuale. Tornando alla pista, oggetto dei lavori, rimane il fatto indiscutibile che è stata «accorciata» di 220 metri e, oggettivamente, una pista lunga 3048 metri (com’era) non è la stessa cosa di una lunga 2828 (com’è ora).
Porto «core» , lo scippo perfetto – Piangere sul latte versato è uno degli esercizi più insulsi. Nel 2013 durante la precedente individuazione dei porti core, in Italia dovevano esserne individuati 15 e il nostro porto rientrava tranquillamente nei parametri previsti. Invece, «stranamente», la vicenda prese una piega diversa, venne consumato lo «scippo perfetto», il riconoscimento di porto core fece rotta verso Bari, una vera e propria «appropriazione indebita» perpetrata con la «violenza» tipica di un potere politico arrogante e prepotente che sopraffasse i diritti incontestabili di una collettività e di un territorio per agevolarne un’altro che non possedeva alcun titolo per accamparli. Quel mancato riconoscimento è una ferita ancora sanguinante, uno smacco incomprensibile oltre al notevole danno economico. Uno scippo al quale assistette immobile la classe politica, imprenditoriale e dirigenziale locale.
Quelle scelte politiche, in pratica, fecero sì che nel 2016, con la creazione delle Autorità di Sistema, il porto di Brindisi assumesse la veste «comprehensive», un ruolo non esplicitamente ma sostanzialmente secondario.
Oggi si vuole recuperare approfittando del fatto che la Commissione Europea ha avviato (febbraio scorso) una consultazione per conoscere le ragioni che potrebbero portare all’inserimento di nuovi porti nella «Rete Core». Quindi c’è un certo fermento acché tutti i soggetti titolati manifestino e sostengano le ragioni per l’individuazione di Brindisi e del suo porto. A quanto pare, la Regione Puglia «non ha ritenuto di richiedere che Brindisi venisse inserita nell’elenco dei Porti Core». Una assenza che può assumere un significato preciso e che fa più rumore di una presenza scontata. Ma a parte questo, pensare che in un paio di mesi si possano colmare anni di divari, di disparità, di divergenza, di annullare un gap culturale è apprezzabile ma abbastanza ingenuo. E’ immaginabile che ci voglia un tempo più lungo per costituire un fronte compatto e omogeneo che recuperi il terreno perduto ed è auspicabile che si costituisca una lobby al servizio del territorio che intraveda il suo sviluppo negli interessi collettivi, di tutti e non di una parte. Se è vero che la Regione si è «sfilata» da questa consultazione, come è pensabile che l’Autorità portuale vada in controtendenza conoscendo gli stretti legami tra i due enti? Quanto è possibile che nella stessa regione vi possano essere tre porti core e due nella stessa autorità di sistema? Se davvero si vogliono riparare i danni e gli scippi subiti, forse bisogna cambiare rotta e modo di stare insieme, iniziando da una rivisitazione delle Autorità di Sistema, posto che sono completamente distanti dai principi per cui furono create.

Giorgio Sciarra (Rubrica ZONA FRANCA – Agenda Brindisi 7 maggio 2021)

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