Un pezzo di storia e di bellezza con un perimetro e una mappa. La Riserva di Torre Guaceto rappresenta una straordinaria cartina di biodiversità, protetta nella sua dimensione naturale dalle contiguità antropizzate. Un angolo nel quale la Puglia mette in mostra tutta la sua bellezza incontaminata che digrada sul mare, quella che negli ultimi anni ha “fatto brand e modello” per la nostra regione. Il litorale, con gli arenili di sabbia che si alternano ai tratti di scogliera, la macchia mediterranea e il suo groviglio fitto che compatta l’areale mediterraneo costiero, infine la zona umida protetta da un ecosistema che qualifica e diversifica Torre Guaceto.
Ma la Riserva custodisce anche un importante patrimonio storico-archeologico che negli ultimi anni è stato materia di progetti di ricerca e di mappatura sistematica finalizzati a ricostruire tutte le testimonianze archeologiche presenti e a fornire elementi di conoscenza ai fini di un’azione di valorizzazione turistico-culturale dell’area. Nel “rettangolo protetto” sono infatti localizzati due abitati protostorici costieri. Il primo investe il promontorio su cui sorge la torre di guardia cinquecentesca, il secondo i due Scogli di Apani.
Il territorio della Riserva è particolarmente ricco dal punto di vista archeologico e rivela sempre nuove scoperte di reperti e testimonianze. Le evidenze storiche rinvenute negli ultimi due anni di studio archeologico hanno permesso al professore dell’Università di Lecce e responsabile del Laboratorio di Archeologia di Torre Guaceto, Teodoro Scarano, di risalire a un’antica necropoli perduta nei secoli. Lo studio è coordinato dal docente brindisino e si inserisce nell’ambito di una convenzione triennale in essere tra il Consorzio di Torre Guaceto, la Soprintendenza ABAP per le provincie di Lecce e Brindisi e il Dipartimento di Beni Culturali dell’Università del Salento.
Ma andiamo per gradi. «Le ricerche sono iniziate nel 2008 – ha detto il professor Scarano – e nei primi anni si sono soffermate sulla evoluzione del paesaggio e della geografia costieri: i reperti archeologici risultanti sono stati utilizzati come marcatori delle variazioni geomorfologiche intervenute nel tempo. La presenza dei resti e la loro datazione ci ha portato a ricostruire in senso dinamico il cambiamento del paesaggio. Ad esempio, i due Scogli di Apani sono ciò che resta di un insediamento risalente all’età del Bronzo, dunque non erano separati ma uniti alla terraferma. Lo studio ci permette di stabilire che nel secondo millennio avanti Cristo, il mare era più basso di almeno tre metri e quegli isolotti erano la parte più avanzata di un promontorio che si spingeva verso il mare. Sugli Scogli di Apani abbiamo condotto quattro campagne di scavo, dal 2008 al 2013, con ritrovamenti che oggi sono custoditi nel Laboratorio di Archeologia di Torre Guaceto».
La mappatura delle presenze archeologiche nel tratto di costa ha quindi portato alla scoperta della necropoli. «A seguito di alcune mareggiate – ha proseguito e concluso Teodoro Scarano – che hanno spazzato la sabbia, sono emerse diverse buche di palo e alcuni manufatti ceramici. Il cantiere, disposto d’urgenza dall’allora soprintendente, arch. Maria Piccarreta, ci ha permesso, nella primavera 2019, di documentare la presenza di una necropoli a cremazione. Siamo in attesa che il Ministero conceda i permessi per la campagna di scavo, dunque ci concentreremo per i prossimi due anni a verificare lo stato dei luoghi e a leggere quantità e qualità del deposito archeologico nell’area interessata. I lavori ci consentiranno in più di programmare le indagini future. È un contesto molto interessante anche se i dati di cui disponiamo oggi sono ancora esigui. Le necropoli a cremazione sono databili tra la fine del Bronzo medio e il Bronzo finale, tra il XIV e il X secolo a. C., e si sviluppano in gran parte nell’Italia settentrionale. Le tracce al Sud sono sparute. In Puglia abbiamo una presenza a Torre Castelluccia, sul Mar Jonio, una seconda in contrada Pozzillo a Canosa di Puglia. In entrambi i casi gli scavi risalgono al periodo tra gli anni Cinquanta e Settanta del secolo scorso. In discontinuità, il ritrovamento di Torre Guaceto ci offre la possibilità di realizzare un progetto moderno di ricerca archeologica».
Roberto Romeo (Agenda Brindisi – 19 febbraio 2021)