Autore: IN EVIDENZA L'angolo della cultura Rubriche

Un mondo senza limiti né fine

Noi umani del XXI secolo abbiamo registrato molte novità e acquisito moltissimi comfort, grazie a un vortice di prodigiose tecnologie in continua evoluzione. Ma il progresso, com’è noto, non è tutto rosa e fiori perché, inevitabilmente, reca con sé i germi di effetti negativi, come ci insegnano molti pensatori e scienziati. «Internet senza limiti» è ormai diventata una vecchia offerta che non fa neppure più sensazione, «Per sempre» è una locuzione profana e terrena che ha sostituito ogni riferimento temporale di tipo religioso. Entrambe le perdite valoriali, riferite alle classiche coordinate dello spazio e del tempo, sono interessanti campi di approfondimento, ma io desidero concentrarmi, anche per banali ragioni di spazio (questa volta in senso cartaceo), solo sulla tematica della perdita del senso della fine. «Per sempre», canta Ligabue, e «Per sempre», bisbigliava nel sonno un Gigi Proietti felicemente sdraiato tra uno stuolo di dolci fanciulle in un celebre spot di molti anni fa.
Sia la canzone che la pubblicità, a loro insaputa, preannunciavano la sospensione del tempo ormai in atto. Viviamo in una bolla presentistica che ci impone una percezione forzata della realtà oggettiva, secondo un’ideologia social che ci crea l’illusione che tutto scorra per essere fissato in un tempo indefinito ed ambiguo che di eterno ha solo lo scroll.
Il film della nostra vita ci mostra coinvolti in eventi, personaggi, immagini e suoni galleggianti in un eterno presente che al massimo si allunga e deforma senza mai decidersi a divenire futuro. Per questo, nelle foto esibite sulle reti Mediaset, il Patron, Cavaliere di Arbore, sembra sempre avere 58 anni, proprio come quando scese in campo. E questo vale per l’attricetta o la cantante pop rifatte. Oggi anche la morte è attutita dall’effetto virtual. Non si è più su questa terra ma si continua a essere presenti sui social, «for ever». E nell’universo del cinema e della TV ancora peggio. I film, ormai, non iniziano e non finiscono una storia: la proseguono. I sequel si sono trasformati in postsequel e, attraverso saghe interminabili, continuano il loro viaggio infinito oltre ogni limite di spudoratezza. Il fenomeno si replica anche in TV e nell’editoria. Gialli o fiction sono prodotti a chilometraggio. Centinaia di episodi, di puntate e poi ancora di repliche, di remake. Nella narrativa va forte il metodo feuilleton, con romanzi fiume, spesso ripetuti in serie.
Noi non scegliamo più nulla. Allineati, coperti e connessi, ci limitiamo ad «aderire», a subire abbonamenti per vedere film o sport, rincoglioniti da una pubblicità sempre più chiassosa ed invasiva. Non c’è bisogno di infilarci un microchip nel braccio tramite vaccino, perché noi, da un pezzo, siamo già condizionati ed eterodiretti …
Gabriele d’Amelj Melodia (Rubrica CULTURA – Agenda Brindisi 19 novembre 2021)

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