Quello che sconvolge, dell’ennesimo caso di femminicidio – il terzo quest’anno e siamo appena a gennaio – è che la notizia quasi non sconvolge più. Ormai la storia di una ragazzina diciassettenne trovata morta e bruciata in un burrone, non rispecchia più le regole del giornalismo, non è più uno scoop, non è il noir, il crimine efferato che fa tanto titoloni, non è storia di sesso o di politica.
Quello che non mi sconvolge, invece, è l’età anagrafica del presunto assassino. Diciannove anni. Parlo di età anagrafica, perché in realtà ogni rappresentante del genere maschile, assorbe la cultura maschilista insieme al latte materno. Un bambino viene al mondo già vecchio, dentro di sé porta strati e sedimentazioni millenari, derivati dal tempo in cui l’umanità cessò di credere a un Dio donna e si edificò sul maschile. E un ragazzo, che anagraficamente è poco più che adolescente, storicamente è decrepito.
Da quando è venuto al mondo ha appreso che un genere, il suo, è più potente dell’altro, che le donne hanno una funzione sociale, l’accudimento dell’altro sesso, compito al quale non possono sottrarsi nemmeno se hanno un lavoro fuori dall’ambiente domestico.
Che una donna anche se autonoma economicamente (se possiede una stanza tutta per sé diceva Virginia Woolf), libera non lo è mai, perlomeno non quanto un uomo. Non lo è in campo professionale, costretta a continue dimostrazioni di valore, lo è ancora meno nel momento in cui varca la porta di una casa abitata da uomini. In quel momento non varrà più nulla, come per incanto si troverà rigettata nel ruolo di domestica, badante, cuoca, organizzatrice della vita familiare. Sarà fortunata se potrà emanciparsi da questa condanna con l’aiuto di una domestica. La sua libertà, in quel caso, si costruirà sull’asservimento di un’altra donna, un’altra se stessa.
È per questo che non stupisce che un adolescente, consideri una ragazzina di 17 anni di sua proprietà. Non stupisce che replichi le dinamiche che abbiamo visto tante volte in altri casi analoghi. Loro litigavano spesso, lei una volta si è presentata con un occhio nero. Lei voleva lasciarlo e lui non riusciva a tollerare l’idea. Lei, in questo caso aveva 17 anni, un’età in cui i fidanzatini si cambiano come le caramelle, lui ne ha 19, età in cui i maschietti, di proprietà possiedono al più un pallone da calcio (e un cellulare, va’).
E invece in questa storia, qualcosa è andato storto, o forse no, è andato come va da un «po’» di tempo a questa parte. È andato che l’uomo millenario, ancora una volta si è preso con la forza ciò che riteneva essere suo di diritto. Nel frattempo … abbiamo il Conte-ter?
Valeria Giannone (Agenda Brindisi – 29 gennaio 2021)
Un giovane assassino nato vecchio
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