E’ trascorso un anno da quando il Brindisi FC ha ottenuto la sua seconda promozione consecutiva, passando dal campionato di Promozione in Eccellenza e immediatamente da quest’ultimo in serie D. Per rivivere quei momenti abbiamo pensato di contattare qualche artefice di quegli esaltanti successi, iniziando da chi è stato protagonista della doppia promozione, ossia Stefano Iaia.
- È passato un anno dalla vittoria del campionato di Eccellenza, attraverso il play off. I tuoi ricordi?
Ho sicuramente dei ricordi bellissimi, che dureranno per tutta la vita. Un’emozione indescrivibile e soltanto chi nutre passione per questo sport può capirla. - Le tue emozioni?
Mi emoziono ancora oggi, quando rivedo in TV alcune partite dello scorso anno. La più emozionante ritengo sia stata quella giocata in casa contro il Barletta. C’era un’atmosfera incredibile sia in campo che sugli spalti. - Qual è stato il momento più bello della stagione?
Decisamente il triplice fischio arrivato ad Agropoli, la gioia dei tifosi e di tutto il popolo brindisino, per la promozione acquisita. - Che ricordi hai dei festeggiamenti?
Non vedevo l’ora di rientrare in città, sapevo che ad attenderci ci sarebbero state tante persone. Conosco i brindisini molto bene e so che un evento così, dopo tanti anni di sofferenza, non se lo sarebbero mai perso. - Cosa si prova a realizzare un goal con la maglia della tua città?
E’ sempre una cosa bella. Andare poi sotto la curva ed esultare per la propria gente è qualcosa di meraviglioso, che non tutti hanno la fortuna di poter provare. - Quali sono stati i momenti più difficili del campionato?
Dopo l’esonero di mister Rufini, tutti noi giocatori siamo rimasti sbigottiti in quanto non ce l’aspettavamo. Approfitto per ringraziarlo per tutto quello che mi ha trasmesso a livello tattico e tecnico in due anni. Abbiamo poi avuto la fortuna di avere un grande allenatore, come il suo sostituto, mister Olivieri, un grande uomo. - Quando hai capito che con quella squadra potevate fare bene?
Come per qualsiasi cosa «il buon giorno si vede dal mattino». Già in ritiro si respirava un’aria di grande gruppo, di professionisti e amici. Poi ovviamente anche un pizzico di fortuna ha fatto la sua parte. - Cosa è mancato per vincere il campionato direttamente?
Avevamo avanti una squadra blasonata, composta da giocatori di categoria superiore, il Casarano, anche se con noi sia all’andata che al ritorno non ha fatto granché. - Col Brindisi, hai contribuito alla promozione di due campionati consecutivi. Il più emozionante?
Entrambi mi hanno dato emozioni diverse. Il primo è stato un anno nel quale nessuno credeva in noi e abbiamo dato uno schiaffo morale a molta gente; nel secondo siamo partiti con la voglia di far bene sin dall’inizio e siamo riusciti nell’impresa. - Il tuo goal più bello?
E’ stato sicuramente quello contro il Casarano, alla terzultima giornata. Ho visto la porta, non ci ho pensato due volte a calciare di prima intenzione da fuori aria. - Cosa si prova a giocare con la maglia della propria città?
E’ un’emozione che non tutti hanno la fortuna di poter provare e che mi piacerebbe rivivere assolutamente. Quella V mi manca. Per me entrare nel «Fanuzzi» è come entrare in casa. Ritornerei a giocarci anche domani, se ci fosse la possibilità. Al cuore non si comanda. - Cosa si prova ad aver contribuito al ritorno del grande pubblico in città?
Abbiamo dato il nostro piccolo contributo ad una città e una tifoseria che meritano molto di più. Vorrei ringraziare quest’ultimi, cuore pulsante dello stadio. Forza Brindisi!
Sergio Pizzi