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Sobrietà va cercando, ch’è sì cara

Nel campionario del dizionario politichese, già ricco di parole e locuzioni bandiera usate sia come slogan propagandistici sia come clava da logomachia (buonismo, benaltrismo, rigore, visione, transizione, onestà intellettuale, prima gli italiani, responsabilità, i migliori), spunta ora una creatura concettuale vintage lanciata dal Presidente Mario Draghi: sobrietà. Lemma interessante, se pur fuori moda, perché ha un’azione a largo spettro, come il Bactrim. Partiamo dall’etimo: l’aggettivo latino sobrius è formato dal prefisso so, che sta per sine, e da brius, forma contratta di ebrius, come dire che sobrio è chi non beve smodatamente, ergo una persona moderata, frugale. In merito all’accezione letterale, va ricordato che certamente sobrio non fu un politico di alto rango, quel Presidente Giuseppe Saragat, detto «Barbera», fedele amante del buon vino. Ma è il significato metaforico ad essere prevalente.
Nel mondo dell’antica Roma fu Cicerone il primo a coniare il termine temperantia, derivato dalla sofrosùne greca descritta da Platone e da Aristotele. Il soggetto sobrio diventa dunque anche temperante, morigerato, prestito concettuale assorbito da S. Agostino e San Tommaso i quali, nelle loro opere, gettarono le basi delle virtù cardinali cristiane.
E’ curioso notare come nel neonato governo Draghi si stia verificando un originale processo di fusione tra virtù cardinali e teologali, un mix di nuovo conio che porta ad avere a palazzo Chigi quotazioni di borsino registranti Prudenza e Temperanza in lieve ascesa, Speranza in forte ribasso, Fede (fiducia) in ottimo andamento. Il Presidente, homo bancarius abituato ad essere di poche parole come lo fu il collega Giolitti, è culturalmente portato al riserbo, alla cautezza, alla laconicità meditata, e vorrebbe i suoi collaboratori a sua immagine e somiglianza.
Al pari dell’ex ministro Giovanni Tria che invitava i colleghi a cucirsi la bocca, anche «Super Mario che scioglie i nodi» sembra abbeverarsi alla fonte sapienziale di Voltaire: «Non ci si pentirà mai di aver taciuto, ma sempre di aver parlato». Dunque dovrebbero parlare solo i fatti, ma in questo folle mondo zeppo di microfoni, inviti nei salotti tv e social a portata di dita, non è facile praticare questa specie di gioco del silenzio. «Chiacchiere e tabacchiere ‘e ligno, ‘o Banco ‘e Napule nun se ‘mpegna». Figuriamoci la Banca d’Italia e la BCE. La musica è cambiata e il nuovo direttore ama molto far eseguire il 4’ 33” di John Cage. Noi cittadini non possiamo che augurare buon lavoro a tutti i componenti dell’esecutivo, sperando anche che il «sobrio» Presidente Draghi, nell’arco del mandato, regga le tensioni che talvolta potrebbero fargli perdere l’aplomb, come successe in passato a suoi illustri precedessori. Le parolacce dal sen fuggite a Bettino Craxi («Ora sto davvero per rompermi i co…», 1985) e a Lamberto Dini («Caxxo!»,1995), sono ormai storia.
Gabriele D’Amelj Melodia (Rubrica CULTURA – Agenda Brindisi – 19 febbraio 2021)

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