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Rubrica «Allegro ma non troppo»: la generazione che non esiste

«Questa gioventù è marcia nel profondo del cuore. I giovani sono maligni e pigri: non saranno mai come la gioventù di una volta. Quelli di oggi non saranno capaci di mantenere la nostra cultura». È l’incisione trovata su un vaso d’argilla del periodo babilonese, 3000 anni prima di Cristo. E oggi, 5000 anni dopo, gli «stessi» giovani provano a farsi sentire per sovvertire la nostra cultura. Quella degli adulti, della politica e di una Corte Costituzionale che in barba ad un’oceanica raccolta firme promossa da movimenti giovanili, rigetta il referendum sull’eutanasia e sulla legalizzazione della cannabis. Gli inascoltati, si esprime così Marco Grieco, editorialista dell’Espresso nel suo articolo sui giovani in Italia. «Più che mancanza di ascolto da parte politica, nei mesi scorsi abbiamo lamentato una mancanza di dialogo», spiega Luca Biscuola, rappresentante giovanile che nell’ottobre 2020 si è fatto promotore del movimento per l’abolizione della DAD. Più che mancanza di dialogo, si tratta di un’incomprensione di culture, esattamente come 5000 anni fa. La ragazza che a scuola ha messo a nudo l’ombelico e si è vista apostrofare dall’insegnante «Sei sulla Salaria?», ha rivelato che anche il Re è nudo. Ne è sorto un dibattito svolto tra recriminazioni per l’insulto sessista, dimostrative manifestazioni dei ragazzi e stantii discorsi su «regole» da seguire e abbigliamento «consono» per ogni occasione. Non è stato messo in evidenza che l’episodio è espressione della attuale «cultura» giovanile. Una cultura che si esprime su Tik Tok, che oggi esiste tramite i nuovi social come ieri esisteva tramite gli scioperi. Che si veste svestendosi: se espongo il mio corpo in un video divertente allora esisto, gli adulti dovranno accorgersi di me. Ricordate capelli a cresta, chiodo nero e occhi cerchiati di blu? Era il punk, il vestire sovversivo che ha segnato il passaggio agli anni ’80. Quindi perché parlare di abbigliamento «consono» e di rispetto delle regole? L’opposizione al mondo degli adulti, a quest’età, deve necessariamente infrangere le regole, è il sistema per crescere. Un sistema antico, ma sperimentato, sempre uguale da almeno 5000 anni. Nello scontro generazionale del terzo millennio, la generazione Z prova a far sentire la propria voce e lo fa con i mezzi del web che possiede, con le piattaforme digitali a disposizione e con l’educazione ricevuta. È il prodotto finale di una generazione di mezzo che ha reso la scuola un’istituzione fallita già prima del colpo finale inferto dalla DAD: da tempo aveva abdicato alla sua autorevolezza, ceduta in ostaggio a genitori viziati. Genitori e corpo insegnante che si accusano l’un l’altro ma che, se si guardassero allo specchio, si scoprirebbero appartenenti alla stessa fascia d’età. Una generazione che salvaguardando i figli da ogni delusione, fallimento, giudizio negativo, non fa altro che negare loro il riconoscimento, paradossalmente anche a colpi di manganelli. È quanto successo a    Roma e a Torino, dove le forze dell’ordine hanno caricato i ragazzi che manifestavano per la morte di uno studente tirocinante. È la generazione di mezzo, quella che ha espresso i novax (tollerati e coccolati) o quella che connota le due Camere con l’età media più bassa della storia repubblicana. È la stessa generazione inconcludente che, per governare il Paese Italia, ha bisogno dell’anziano zio Draghi e del rassicurante nonno Mattarella. Schiacciati tra l’eredità pesante dei boomer e la leggera gioventù digitale, siamo noi, quelli della generazione X, ad essere fuori tempo.

Valeria Giannone (Agenda Brindisi 25 febbraio 2022)

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