Industria, ambiente, lavoro, salute: come cambiano gli scenari brindisini dopo l’emergenza sanitaria. Da Carmine Dipietrangelo riceviamo e pubblichiamo questa articolata riflessione che lui stesso definisce di carattere «esistenziale».
In tempi di corona virus siamo stati e siamo costretti a riflessioni esistenziali. Ci troviamo di fronte un passaggio d’epoca. Luoghi, spazi, spostamenti, mobilità, tipo di sviluppo, lavoro e modalità delle sue espressioni, rapporto umani con l’ambiente e la natura, sono diventati elementi di queste riflessioni. Nei passaggi d’epoca sono necessari pensieri lunghi. E se ha un senso l’affermazione “niente sarà più come prima” bisogna ripartire da visioni lungimiranti in grado di mettere in discussione vecchi assetti e consolidate abitudini. Vale per tutti e vale anche per Brindisi dove in questi giorni di Covid 19 di fronte a dati allarmanti per l’ambiente registrati e denunciati dall’arpa e dal sindaco, la reazione e la discussione sembra essere sempre la stessa: la storica contrapposizione tra industria e ambiente, tra lavoro e salute. E le risposte sono quelle di sempre, così come i fomentatori di questa contrapposizione sono i soliti protagonisti che pensano alcuni di difendere lo status quo e altri di volerlo cambiare senza fare i conti con la realtà… e a prescindere e senza costruire necessari e solidi ponti tra presente e futuro. Ci si divide senza voler prendere in considerazione i pensieri e le sofferenze di questi mesi che ci hanno accomunato. La normalità non sarà più quella di prima…tutti dobbiamo cambiare! Ma ne siamo consapevoli e soprattutto lo sono le classi dirigenti? L’apparato produttivo e industriale della città è quello che è stato. Quanto durerà e chi lo controlla? Sarà sempre così come si è sviluppato e consolidato in questi ultimi 60 anni?Sara’ ancora utile al posizionamento e alla collocazione nel mercato internazionale delle produzioni, dei servizi, e del lavoro? Nel difendere l’ambiente e la salute e nel presumere di difendere l’industria fonte di lavoro bisogna utilizzare nuovi paradigma e nuovi pensieri. La città non può più rimanere prigioniera del passato. Non è più tempo di crociate ma di dialogo costruttivo. Brindisi all’industria non può e non deve rinunciare e con essa deve saper ricostruire un nuovo rapporto. L’ apparato industriale va ripensato e parte di esso reso compatibile con la salvaguardia dell’ambiente e della salute. Ma Brindisi deve riprendere in considerazione anche il contributo che possono dare al suo sviluppo altri settori come l’agricoltura e le sue filiere agroalimentari ed enogastronomiche, il turismo e la valorizzazione e il potenziamento delle sue infrastrutture a partire da quelle portuali.
Il lavoro e la salute devono ritornare ad essere centrali. Al lavoro e alla salute dei cittadini è legato tutto, dalla coesione sociale alla sopravvivenza di una comunità. Molta occupazione così come molte nostre aziende, o almeno in gran parte, vivono da sempre all’ombra dei grossi insediamenti industriali e vanno in sofferenza, se c’è carenza di investimenti e di prospettiva. La presenza della grande industria in città ha rappresentato la stabilità lavorativa per decenni ed allo stesso tempo ha compromesso in termini ambientali il territorio causando danni seri alla salute e all’ambiente. Coniugare l’esigenza di lavoro con il rispetto per l’ambiente è la sfida centrale di questo secolo e solo chi riuscirà a farlo potrà sperare in un futuro migliore. La soluzione per creare lavoro non può essere più la devastazione del territorio e l’inquinamento selvaggio come il rispetto per l’ambiente non può significare la cancellazione dell’industria. Rendere circolare l’economia, rendere i processi idonei a produrre ricchezza minimizzando gli impatti ambientali non significa eliminare l’industria dalle attività produttive. Al contrario. Paradossalmente proprio dove per decenni l’industria è stata così poco interessata all’ambientalizzazione dei processi ed alla produzione incontrollata di rifiuto inquinante, c’è tanto da fare. Ci sono le bonifiche e la riconversione dei siti, c’è la dismissione del carbone, ci sono i lavori per ottimizzare le produzioni esistenti al fine di renderle meno impattante possibile con l’utilizzo delle migliori tecnologie, ci sono gli investimenti in nuove tecnologie a impatto zero. Non si può rinunciare all’industria e al contributo che i grandi gruppi storicamente presenti nel territorio possono e ancora devono dare. Vanno richiamati, questi ultimi, ad un confronto sui possibili e rispettivi piani di investimenti per processi e prodotti industriali e di servizi di nuova generazione.
La politica cittadina, così come le imprese e i lavoratori con le loro organizzazioni, le associazioni di cittadini, con trasparenza e rigore devono giocare un ruolo di primo piano in questo processo, diversamente dal passato in cui è stato esercitato un ruolo passivo e succube di scelte altrui per interessi particolari e non generali. Il tutto deve essere fatto avendo una chiara visione del futuro esplicitata attraverso una capacità di nuova e più lungimirante programmazione, garantite e e orientate da competenze specifiche e disponibilità al dialogo. La proposta di un patto per lo sviluppo e la salute del territorio va allora rilanciata e aggiornata per riprendere una strada nuova e per creare condizioni in cui tutti gli attori siano coinvolti e consapevoli di dare ognuno il proprio contributo senza scadere in un velleitarismo inconcludente ma senza neanche difendere lo status quo di un industria in affanno.
Bisogna scrivere una nuova pagina per la città. La politica urlata delle denunce e delle colpevolizzazioni dovrebbe lasciare il posto al buon senso da parte di tutti gli attori. Il muro contro muro serve solo a rimandare la soluzione dei problemi che rischiano di diventare irrisolvibili con il passare del tempo. Si riaprano i tavoli del dialogo, si dia spazio alle associazioni di categoria, alle associazioni sindacali, ai grandi player dell’industria sul territorio che devono essere coinvolti e resi corresponsabili del futuro del nostro/loro territorio. Occorre la consapevolezza da parte di tutti(e tra questi anche io) che in passato si sono commessi degli errori clamorosi, occorre la disponibilità a riparare i danni fatti e rilanciare con investimenti verso un futuro con una economia sostenibile al passo con le sfide di questo di questo tempo. E più che improvvisazioni dell’ultimo momento sono necessari strumenti efficaci e semplici, risorse reali, politiche pubbliche e volontà da sollecitare con coraggio. La nuova classe dirigente della città ha di fronte a se questa sfida.
Carmine Dipietrangelo