Di recente, più di un cittadino si è lamentato tramite Facebook dei cattivi odori che si sentono in vari punti della città. Questa volta non si tratta di miasmi provenienti dalla zona industriale, ma di … prodotti tipicamente urbani. Si tratta di un mix di umori maleolezzanti che si aggira e staziona per strade e vicoli della città. Puzza di fogne intasate, di acqua marcia, di animali morti e impuditriti, di urina e di escrementi, insomma di sporco, ai quali si aggiunge, da quando siamo diventati una città «turistica», un effluvio stanziale di fritto misto e di rancido.
Il centro storico, trasformato in una sorta di suk gastronomico «senza limiti», contribuisce al degrado degli standard di pulizia ed igiene, e tutto questo non sempre per colpa dei ristoratori, oggi molto più seri e professionali di un tempo, ma dello squilibrio del rapporto tra potenzialità e abnorme numero delle concessioni per ristoranti, pizzerie, pub e bar «a cielo aperto».
Chiedete a chi risiede in centro se è contento della viva animazione serale e notturna, del vocio incessante spesso mutante in gazzarra, e degli «odori di Gamberon n. 5 che aleggia per ore in strada. Queste cose bisogna pur dirle, senza ipocriti silenzi. Per quello che riguarda i cattivi odori, che è poi l’argomento principale di queste mie riflessioni, ci deve consolare il fatto che, una tantum, «non si stava affatto meglio quando si stava peggio». Per secoli l’umanità ha convissuto con puzze nauseabonde. Già dai tempi degli antichi romani, poche erano le ville patrizie con una «stanza da bagno». La quasi totalità dei cittadini usava i classici pitali, spesso vuotati in strada dalle finestre. La pulizia dell’Urbe era affidata alle piogge e ai maiali. E così per secoli, attraversando il Medioevo, l’epoca del Rinascimento, il ‘600, il ‘700 e parte dell’800.
Durante il Medioevo si sviluppò la convinzione che la puzza fosse la vera causa delle pestilenze. Si fecero grandi sforzi per tenere più pulite le strade, furono nominati persino degli ispettori preposti al controllo dell’igiene, ma tutto con scarsi risultati … Nel ‘600 alcune città arrivarono a praticare grosse fenditure nelle mura di cinta «acciò i venti potessero entrare e uscire» (Carlo M. Cipolla «Miasmi e umori», 1989). E oggi, a Brindisi, si parla di odori sgradevoli vari e di fetore di acque reflue in particolare. Proprio come nella Londra del 1858 (vedi l’evento «Great Stink» riportato dai libri di storia). Quando si dice corsi e ricorsi …
Gabriele d’Amelj Melodia
Rifiuti e bidoni in città: puzza, un problema sempre attuale
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