Circa due anni fa, nel corso del primo Governo guidato da Giuseppe Conte – con il Ministero per il Sud all’epoca diretto dalla pugliese Barbara Lezzi – prese il via il CIS, il Contratto Istituzionale di Sviluppo, una misura volta a coordinare il lavoro di Ministeri, Regioni, Comuni e soggetti attuatori, per l’accelerazione di grandi progetti locali ritenuti strategici e di rilevanza nazionale.
Sostanzialmente il CIS dovrebbe consentire – il condizionale è d’obbligo – alle Amministrazioni coinvolte di realizzare speditamente progetti per lo sviluppo di particolari specificità del proprio territorio, nel solco di quella transizione ambientale, economica e sociale sempre più necessaria per molto aree del Paese.
Ancor più per una realtà come quella di Brindisi, dove si procede nelle manovre di uscita dal grande modello industriale e si avanza verso un nuovo concetto di sviluppo urbano, più sostenibile e integrato. Non per niente il titolo del primo capitolo del progetto del Comune è: «Brindisi, una città in transizione».
L’idea di fondo, dunque, è quella di dare concretezza, finalmente, a diversi progetti in cantiere, che abbiano come faro quello del miglioramento della vita dei cittadini, della rigenerazione urbana, della riqualificazione di periferie e spazi pubblici. Per farlo, la misura prevede di mettere assieme risorse nazionali, europee e del Fondo per lo sviluppo e la coesione per realizzare progetti di vario genere.
Pensiamo solo che per la città di Brindisi questi riguardano i programmi più disparati: dai piani di riqualificazione dei singoli quartieri periferici agli interventi funzionali all’urbanizzazione della zona del futuro palasport, dalla creazione di un parcheggio sotterraneo nell’ex complesso degli ex uffici finanziari di via Bastioni al restauro del ex collegio navale Tommaseo.
Nel 2019 le città di Lecce e Brindisi, coinvolte insieme in un programma di scrittura delle proposte progettuali, avevano successivamente proceduto all’invio della bozza del dossier al Ministero, al fine di avviare la procedura negoziale fra i due soggetti proponenti e le altre realtà coinvolte: enti e istituzioni e in primis il Ministero dell’Economia.
Da allora, col cambio di Governo – il Conte bis – e la nomina del nuovo Ministro per il Sud Provenzano, si era proceduto a estendere le aree coinvolte dal contratto di sviluppo, allargando ai territori a nord di Lecce e a sud di Brindisi. L’iter, a quel punto, sembrava essersi attestato sul piano del confronto istituzionale, senza camminare davvero.
Oggi, col terzo Governo in tre anni – e col terzo Ministro a occuparsi del Mezzogiorno – il dialogo necessita assolutamente di ripartire. Anche per questo i Sindaci di Brindisi e Lecce hanno inviato alla Ministra Mara Carfagna una lettera per riprendere la discussione relativa alla programmazione del Contratto, auspicando una celere convocazione del tavolo istituzionale in cui definire i prossimi step.
Se guardiamo al periodo storico i prossimi mesi rappresenteranno un momento cruciale per la crescita del Paese, con l’inizio dei progetti previsti dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza e un generale rilancio dell’economia. In questo scenario, cogliere questa importante occasione, anche attraverso altri strumenti come il CIS, rappresenta un passaggio fondamentale. Per territori come i nostri che non sempre – va detto – hanno ricevuto questa attenzione per progetti di questa portata, questa opportunità rappresenta la vera sfida dei prossimi anni.
Andrea Lezzi (Rubrica BRINDISI VISTA DA ROMA – Agenda Brindisi 28 maggio 2021)
Quale destino per il Contratto Istituzionale di Sviluppo?
(Visited 28 times, 1 visits today)