Ogni qualvolta si apprende dalla stampa di investimenti industriali qualificati, capaci di generare sviluppo, indotto ed occupazione, si assiste al solito piagnisteo sul perché non sia stata scelta Brindisi quale possibile localizzazione. Si passa dalla affermazione che tutto dipende dalla circostanza di avere inserito l’area industriale di Brindisi tra quelle inquinate e, quindi, da bonificare all’accusa alle istituzioni regionali o nazionali di trascurare Brindisi e di preferire orientare questi investimenti verso altri territori. Sul primo versante spesso si dimentica che si è colpevolmente scelto di destinare le decine di milioni di euro già stanziate per le bonifiche del nostro territorio al risanamento del sito MICOROSA, non suscettibile di riutilizzo a fini produttivi, piuttosto che alla restituzione agli usi legittimi dei terreni collocati in zona industriale e tanto sebbene vi fosse una ordinanza sindacale del 2001 che faceva obbligo ad Enichem di bonificare quelle aree, come ha definitivamente sancito il Consiglio di Stato in una recente sentenza che ha fatto proprio il principio del “chi inquina paga”. Quanto alla presunta disattenzione dei governi regionali e nazionali fa specie che ciò possa essere lamentato quando la provincia di Brindisi ha una rappresentanza a quei livelli mai avuta in passato: ben sei consiglieri regionali, di cui cinque facenti parte della maggioranza, e 5, tra deputati e senatori, tutti appartenenti ora all’area governativa. Delle due l’una: o si tratta di persone incapaci di rappresentare le ragioni del territorio e verrebbe da chiedersi con quali criteri siano stati scelti dagli elettori brindisini; oppure la vera ragione di questa progressiva marginalizzazione che sta subendo Brindisi è la logica conseguenza di un governo cittadino incapace di fare squadra, privo di una visione industriale, più aduso a litigare che non a proporre. A poco serve dichiarare, come molti hanno fatto, che Brindisi sia l’unica provincia in Puglia a disporre di 300 ettari in zona industriale, capaci di ospitare un investimento quale quello proposto dalla INTEL. La vera domanda da porsi è: quanti lo sanno in Regione, in Italia o nel mondo. Nell’era della comunicazione globale abbiamo scelto di rinunciare ad ogni forma di marketing localizzativo, limitandoci a parlarci addosso, ripetendo solo a noi stessi che abbiamo una dotazione infrastrutturale che pochi possono vantare in Puglia e nel Sud d’Italia. Vorremmo a questo proposito ricordare che l’intero Consiglio Comunale fece proprio un ordine del giorno del gruppo consiliare del PRI con cui si proponeva un “kit localizzativo comunale” che prevedeva l’esonero dal pagamento dell’IMU e della TASI per il possesso e la detenzione, a qualsiasi titolo, di immobili rientranti nel perimetro della ZES conseguenti all’avvio di nuove iniziative imprenditoriali ed il pagamento della TARI in misura ridotta del 50% e sollecitava il Comune a dar vita, nel portale online dell’Amministrazione Comunale e d’intesa con il Consorzio dell’Area di Sviluppo Industriale e l’Autorità portuale di sistema, ad una apposita sezione dove le imprese interessate ad investire nella ZES ADRIATICA potessero trovare tutte le informazioni sulle utilities esistenti nell’area, sul loro costo, sulle disponibilità di terreni aventi idonea destinazione urbanistica e sugli incentivi di carattere economico, fiscale e previdenziale cui è possibile accedere. Ricordavamo ancora in quell’ordine del giorno che oltre alle forme di incentivazione regionale per i nuovi investimenti (PIA, TITOLO II, eccetera) andava evidenziato che per le iniziative produttive nel territorio brindisino sono ancora disponibili risorse importanti grazie al regime di aiuti di cui alla Legge 181/1989 per le aree di crisi industriale. Purtroppo nulla di tutto questo si è tradotto in fatti concreti. E’ quindi inevitabile che quanti intendano investire in Puglia si avvalgano dei “suggerimenti” delle istituzioni regionali in cui, evidentemente, i rappresentanti brindisini pesano poco o addirittura nulla. Non serve dunque solo lamentarsi ma mettersi a lavorare seriamente per restituire a Brindisi l’attrattività del passato. Ed occorre impartire indirizzi politici che vadano nel senso di incentivare gli investimenti piuttosto che scoraggiarli ed esercitare appieno la funzione di controllo sulla parte burocratica cui è riservato, per legge, il rilascio delle autorizzazioni. Sul primo versante non ha alcun senso dichiararsi favorevoli alla transizione energetica con la riduzione dell’uso di combustibili fossili se poi si adottano delibere, come quella approvata dal Consiglio Provinciale in tema di rilascio della Valutazione di Impatto Ambientale, che impongono, a quanti intendono realizzare impianti di produzione di energia mediante conversione fotovoltaica o con l’utilizzo di pale eoliche, di destinare alla realizzazione di un “bosco mediterraneo” una ulteriore superficie pari al 25% di quella occupata dagli impianti. Così come non basta dichiararsi favorevoli ad impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili nell’area agricola del Sito di Interesse Nazionale, ove è fatto divieto di avviare produzioni destinate alla alimentazione umana, e poi formulare pareri contrari ai progetti presentati affermando che quelle aree potrebbero ospitare colture di pregio! E’ questa incertezza sul gradimento che potrebbe incontrare ogni tipo di investimento da localizzare a Brindisi che dissuade gli imprenditori a scegliere il nostro territorio e a indirizzarsi verso altre realtà. Fino a quando questo assunto non sarà compreso continueremo a lamentarci del fato cinico e baro che viene riservato a Brindisi dimenticando il vecchio detto che «ciascuno è fabbro del proprio destino».
Vito Birgitta – Segretario cittadino PRI / Gabriele Antonino – Capogruppo PRI Brindisi