Si litiga sul “serio” sul CIS, dei soldi che nemmeno ci sono e chissà quando arriveranno. È dall’inizio di questa storia che si discute sul niente. Approssimazione e superficialità, presuntuosa autosufficienza hanno contraddistinto l’approccio con questo strumento di sviluppo. Non bastano telefonate a presunti interlocutori politici “altolocati” o millantare rapporti con funzioni di governo, insomma con i potenti di turno, per affrontare temi quali lo sviluppo di un territorio. La mancanza di progettualità e di conoscenza reale di procedure e di coerenze amministrative, lo svuota cassetti di progetti vecchi, superati o l’assemblaggio di meri titoli e di generici fabbisogni vanifica qualsiasi buona intenzione. Qualcuno, senza sapere quello che diceva, ha giurato che il bottino è per la città capoluogo salvo poi essere smentito da chi questo bottino lo deve erogare. Sembrano un po’ i soldi dello zio d’America, già si litiga sulla spartizione tra nipoti ma lo zio forse nemmeno li ha e nessuno lo ha mai conosciuto. Ma si possono basare le speranze di un territorio su uno zio d’America? Non sarebbe meglio rimboccarsi le maniche e puntare a qualcosa di più concreto? Bisogna concentrarsi sul lavoro, coltivare le attività che ci sono e sforzarsi di macinare idee per crearne delle nuove.
I problemi in città sono tanti e c’è da considerare anche che i soldi arrivati nel recente passato non si è riusciti a spenderli. Si pensi ai finanziamenti ricevuti per lo Shuttle ed alla bonifica di Micorosa, tante decine di milioni ricevuti e ancora non spesi, sintomo di una struttura amministrativa non all’altezza di gestire progetti importanti. Basilare è dare garanzie a chi intende investire. Bisogna accorciare i tempi con cui viene espresso un parere di qualsiasi tipo. Non è concepibile far aspettare dei mesi per una pratica. La politica deve dettare i tempi e vigilare su questi. Se c’è un problema di risorse umane insufficienti, occorre trovare delle soluzioni immediate negli uffici. Non è più possibile dare risposte vaghe e giocare di rimessa. La risposta data ad Edison per esempio: ‘’va bene l’impianto ma si cerchi un’altra localizzazione’’ è roba da catenaccio alla Bearzot, di quel calcio che difendeva e buttava la palla in tribuna, roba che solo in altri tempi poteva dare soddisfazioni. I cicli economici oggi sono sempre più brevi e nessun investitore ha la pazienza di Giobbe. Le occasioni si perdono e per un territorio come il nostro è sempre più amara. Non si hanno ancora degli strumenti di programmazione adeguati. PUG (Piano urbanistico generale) e PUMS (Piano urbano della Mobilità Sostenibile) sono sempre più urgenti perché senza una programmazione dello sviluppo di un territorio qualsiasi idea e nuova iniziativa va a sbattere contro il muro della burocrazia che non decide ed ha l’alibi della mancanza di strumenti. E per carità non si perda altro tempo dietro foreste in città, si pensi piuttosto a foreste di alberi da frutto nelle campagne e di ombrelloni sui lidi che possono dare lavoro.
E’ stato molto interessante e meritorio l’esperimento in corso dello smart working in barca. Una idea che con poche risorse ha rilanciato il nome della città a livello nazionale. Non è stato necessario nessun Cis e nessun rapporto con il potere di Bari o di Roma, ma competenza, idee e tanto lavoro si immagina. Non è detto che sia replicabile su grande scala questo progetto ma certamente ha offerto uno spunto di riflessione su come si possa sfruttare e valorizzare quello che già c’è. Non c’è bisogno di molto altro qui a Brindisi, abbiamo il mare, abbiamo la terra e produzioni agricole di qualità, abbiamo l’industria, un aeroporto, un porto. Bisogna coltivare e prendersi cura di ciò che si ha, è tutto nostro patrimonio. Con l’industria che è la parte più cospicua di questo patrimonio va avviato un dialogo. E’ vero che negli anni il territorio ha subito dei danni ambientali dovuti alla presenza massiccia di attività nel settore chimico, ma l’industria attuale non è più quella di un tempo. Bisogna sforzarsi di sedersi ai tavoli e discutere con le aziende in maniera serena lasciando da parte inutili pregiudizi e contrapposizioni che portano solo alla paralisi. Si può chiedere una giusta perequazione come indennità di esercizio per il territorio, sia per riqualificare al massimo le produzioni attuali, sia per programmi di riconversione, sia per richiedere compensazioni in opere necessarie alla collettività e per rivitalizzare quella parte di territorio abbandonata nei decenni passati. La costa e la campagna se sfruttate in maniera sostenibile possono costituire una valida alternativa produttiva in prospettiva.
La Puglia ormai è un canale ottimo per la vendita, è una regione sempre più nota a livello mondiale. Altri territori pugliesi all’interno di questo canale hanno trovato il modo di caratterizzarsi, di trovare il proprio brand per usare un termine alla moda. Si pensi al barocco leccese, ai trulli di Alberobello, ai borghi in valle d’Itria, alla campagna e al lusso nel fasanese. Si sta perdendo del tempo prezioso, bisogna poter caratterizzare l’offerta del nostro territorio e con tutto il patrimonio a disposizione è un peccato che non si faccia. La politica deve fare questo, creare sintesi tra le iniziative e dare un indirizzo che possa caratterizzare l’offerta. Una sinistra moderna al governo deve saper fare questo. E lo deve saper fare soprattutto a livello locale. Brindisi ha bisogno di capacità per mediare interessi e non di intermediare vecchi e nuovi interessi. Bisogna saper rispettare le idee e le storie altrui, confrontarsi e soprattutto unire! In città ci sono troppe separazioni, troppe divisioni. In essa convivono da tempo mediocrità e ambizioni privandola di pensiero e di visione. E si aspetta sempre qualcuno che risolva i suoi drammatici problemi. Manca la capacità di approcciarsi al confronto senza verità in tasca, le verità sono il male assoluto perché portano ai conflitti, invece è il dubbio ed il confronto che portano produttività e progresso. Solo così si può costruire autonomia e incentivare e sostenere quella audacia creativa che a Brindisi manca da tempo. Un vecchio detto della cultura contadina diceva che è la terra a fare la casa, la casa non fa la terra. Bisogna coltivare quello che si ha per costruire ricchezza futura e per dare ai brindisini un senso di comunità, una identità, una autonomia per potersi assumere le responsabilità delle scelte senza più caratterizzarsi con i “si” o i “no” a ciò che si propone o si decide fuori o sulla testa di Brindisi. Questo tempo è finito. La sinistra se riuscisse a fare questo farebbe iniziare si una nuova storia.
Coordinamento LEFT Brindisi