In quanti avrebbero detto che il centesimo vescovo della Chiesa brindisina, fondata da san Leucio, avrebbe spento le fatidiche cento candeline? Eppure, a dispetto degli scettici (molti, come prevedibile, defunti da un pezzo), monsignor Settimio Todisco, nato a Brindisi il 5 maggio 1924, ma registrato alla pubblica anagrafe – secondo una prassi diffusa in passato – cinque giorni dopo, ovvero il 10 maggio, ai cento anni è giunto per davvero. E questo traguardo è motivo di giubilo per quanti hanno imparato, col passare del tempo, ad amarlo e per l’intera Chiesa che è in Brindisi-Ostuni.
Già proclamato vescovo più longevo d’Italia il 16 luglio 2023, fino ad oggi ha visto ben otto papi, nell’ordine Pio XI, Pio XII, Giovanni XXIII, Paolo VI, Giovanni Paolo I, Giovanni Paolo II, Benedetto XVI e Francesco, che il 29 gennaio 2020 gli ha indirizzato una calorosa lettera in occasione del suo cinquantesimo anniversario di episcopato. «Rivolgiamo con affetto – scrive il papa – i nostri rallegramenti per il ministero operoso e sapiente svolto per il bene spirituale dei fedeli a lui affidati e dal supremo Pastore imploriamo per lui abbondante ricompensa, conforto dell’animo e buona salute». A distanza di quattro anni, possiamo attestarlo: il supremo Pastore ha concesso l’abbondante ricompensa sperata a monsignor Todisco.
Ordinato sacerdote da monsignor Francesco de Filippis il 27 luglio 1947 a soli 23 anni, di lui si dice quando ancora frequenta il Seminario Regionale di Molfetta che, per i suoi speciali talenti, un giorno diventerà vescovo. E difatti lo diventa. È il 15 febbraio 1970 e don Settimio ha 45 anni. L’amore sincero per il Signore, che si riflette nell’accoglienza e nell’ascolto attento delle persone, specialmente dei giovani, gli merita l’elezione a vescovo titolare di Bigastro e ad amministratore sede plena della diocesi di Molfetta, Giovinazzo e Terlizzi. Il 24 maggio 1975 Paolo VI lo promuove all’allora sede metropolitana di Brindisi, che il 30 settembre 1986 è ufficialmente accorpata alla diocesi di Ostuni.
Per venticinque anni guida la sua diocesi – di origine e di nomina – con amore e spirito di servizio. Da subito si pone come attento custode delle tradizioni religiose, consapevole della necessità di difendere e tutelare un patrimonio spirituale e culturale, fatto di valori, devozioni, consuetudini, costumi, processioni e storie, ricevuto in eredità e da trasmettere alle generazioni future. Esempio lampante è il suo attaccamento all’antica processione equestre del Corpus Domini, altrimenti detta «del cavallo parato». E con quale eleganza, e con quale fervore spirituale, si muove per le strade del centro storico in groppa al cavallo bianco parato, tutto avvinto all’ostensorio con le Sacre Specie con cui benedice solennemente i brindisini. Anche i più lontani dalla Chiesa percepiscono il suo zelo pastorale e lentamente si lasciano conquistare dai suoi modi.
Sono anni intensi, durante i quali riceve incarichi di rilievo: è chiamato a presiedere la Commissione episcopale per la cooperazione missionaria tra le Chiese e il primo Convegno missionario nazionale di Verona, è delegato episcopale alla IV Conferenza dei vescovi latino-americani a Santo Domingo e poi vicepresidente della Conferenza Episcopale Pugliese, moderatore dell’Istituto Pastorale Pugliese e tanto altro ancora. Ma soprattutto è un pastore attento ai bisogni del suo gregge. Un uomo che pratica una vita semplice e senza lussi, come ha sempre rivelato la sua talare rammendata, ma sempre dignitosa. La sua premura verso poveri e sofferenti porta alla nascita della sede brindisina della Caritas. E quando inizia l’esodo albanese, tuona: «Aprite le scuole o apro le chiese!». Dice un giorno: «Non mi sono mai ritenuto padrone dell’episcopio, dei sacerdoti, della gente. Avevo un ruolo di autorità in funzione di un servizio reso». Un servizio che ha fatto crescere Brindisi e l’intera arcidiocesi e che, ancora oggi, è di esempio alla Chiesa.
A distanza di ben ventiquattro anni dal termine del suo servizio episcopale, le sue parole sono più attuali che mai: «È vero, la città mi vuole bene, ed è vero che anche io voglio bene a questa città».
Auguri di cuore, Eccellenza Reverendissima,
Teodoro De Giorgio – Storico dell’arte (Agenda Brindisi – 10 maggio 2024)