Autore: IN EVIDENZA Rubriche Vista da Roma

Lo smart working ripopola il Sud

In un mondo in cui gli scenari globali mutano ciclicamente, sulla base di grandi cambiamenti economico-sociali, un evento così improvviso come quello di una pandemia, tanto letale quanto imprevedibile, è stato in grado, in poche settimane, di stravolgere radicalmente la nostra quotidianità.
È mutato il modo di viaggiare, di socializzare, di fare acquisti, perfino di salutarsi. È cambiato soprattutto il nostro rapporto con il lavoro, specie per chi vive nei grandi centri e svolge mansioni d’ufficio. Si tratta di trasformazioni che solo a un primo sguardo possono sembrare momentanee, passeggere, ma che in realtà sono destinate a lasciare un segno profondo nei prossimi anni. Sia perché difficilmente si tornerà completamente alla vita di un tempo, sia perché ad alcuni mutamenti ci stiamo pian piano abituando.
«È notevole la velocità con cui ci siamo adattati», scriveva un opinionista dell’Economist a inizio estate, raccontando una nuova fase, in cui «il giornale è stato scritto, curato e prodotto da divani e tavoli da cucina». Per carità, una redazione non è una catena di montaggio eppure per molte imprese lo shock iniziale della prima fase ha lasciato il posto a una nuova strategia per il lavoro.
Da iniziativa necessaria, lo smart working oggi sta diventando un sistema affidabile, un’occasione per ridurre i costi e – aspetto non secondario – avere dei dipendenti più sereni. Sta accadendo all’estero, con le grandi aziende dell’hi-tech, ma anche da noi, dove si calcola che quasi la metà delle società proseguiranno con il lavoro agile.
Nel nostro Paese il fenomeno sta provocando non pochi stravolgimenti: centinaia di migliaia tra lavoratori e studenti hanno lasciato i grandi centri, rimasti semideserti, pieni di case senza affittuari e attività senza clienti. I famosi «fuori sede», tradizionalmente impegnati al Nord tra lavoro o esami, in questi mesi hanno potuto alternare le proprie giornate tra attività e tempo libero, restando comodamente nelle proprie città di origine. Sono in tanti quelli che iniziano a pensare concretamente all’idea di poter lavorare stabilmente a distanza o di tornare nelle proprie zone, sulla base di quello che il Ministro per il Sud ha definito – forse un po’ romanticamente – il «diritto a restare». Un diritto sacrosanto, negato per troppi anni e divenuto ormai quasi un privilegio.
Paradossalmente, la condizione emergenziale ha creato, in molti giovani, maggiore consapevolezza sulle possibilità di tornare a vivere al Sud. Giovani che, va detto, sono spesso combattuti all’idea di rientrare col rischio di vedere compromessa la propria carriera professionale o universitaria. La mancanza di prospettive, non certo di coraggio, è spesso il freno primario per tanti ragazzi. Eppure negli ultimi anni, anche nella nostra città, non sono mancati gli esempi di chi ha creduto nella comunità: reinventandosi, aprendo nuovi locali, investendo in attività innovative.
A proposito di idee originali e di smart working, mi fa piacere citare una bella iniziativa lanciata dai ragazzi di Destination Makers e sostenuta da Istituzioni e privati. Si chiama «Sea working» e offre l’opportunità di vivere e lavorare dal 3 al 13 ottobre su una barca a vela nel porto di Brindisi. Un’esperienza incredibile, un progetto che coniuga innovazione, attenzione per il territorio, cultura, passione. Per candidarsi c’è tempo fino al 18 settembre.
Andrea Lezzi

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