Prima ancora di leggere “Matria” mi è venuta in mente l’autrice, Laura Marchetti, che avevo conosciuto alla fine degli anni ’90, luminosa e intensa antropologa, docente universitaria, politica e attivista da sempre impegnata sui temi della cultura, dell’ecologia, del femminismo, dell’antimilitarismo, che in questi anni ha collaborato con riviste, giornali e scritto libri come “Agalma. Per una didattica della carezza”, nel 2017, e “La strada della fiaba”, nel 2020. Da tempo, infatti non smette di indagare, innamorata della bellezza e della pace, sul senso del linguaggio, come in “Alfabeti ecologici”, nel 2012, e “La fiaba , la natura, la matria: pensare la decrescita con i Grimm“, nel 2014, visto come punto d’appoggio per il cambiamento, per aprire orizzonti di fratellanza e liberazione, in opposizione al nazionalismo, al razzismo, alla guerra. E’ proprio questo denso percorso umano, intellettuale e politico che fa approdare, oggi, la sua ricerca a quello che la stessa autrice definisce un “neologismo riparatore”, il suo recente “Matria” (Marotta&Cafiero, pp. 82, 10 euro), libro stampato con inchiostri vegetali certificati su carta riciclata proveniente da foreste gestite in modo consapevole, fatto a Scampia, per cambiare la società e le coscienze, per la collana Le api, diretta da Paolo Cacciari, presentato a Brindisi l’8 arile 2022. Già la copertina dal colore del girasole ci svela, con le parole dell’autrice stessa, il significato coinvolgente della parola“ matria, dal latino Mater, paradigma alternativo, oppositivo rispetto al concetto di Patria-Nazione : nato dalla critica al razzismo e al colonialismo, l’ecologia, il femminismo, l’apertura e il dialogo con culture altre. Equivalente linguistico del tedesco Heimat. E’ appunto in nome di questa democrazia sorgiva, della felicità politica, di uno spazio fraterno di condivisione, che qui propongo la parola matria, un sostantivo femminile, che è un neologismo nella nostra lingua”. E’ in questo voler andare alla radice di un’idea di accoglienza, di cultura nazionale che troviamo il senso di questa parola nuova, la cui necessità, ci appare, più che mai urgente nella società fortemente patriarcale in cui, ancora, viviamo oggi. La forma espressiva, particolarmente riuscita, è quella del saggio o trattato, che è mosaico e peripezia, nel senso di W. Benjamin, e ci permette così di cogliere pienamente l’importanza innovativa e simbolica di parole per la liberazione, di dare voce a quella condizione umana comune, di cui avevano parlato E. Morin e J. Derrida, per superare quell’ “unica incultura “, fatta di “occidentalizzazione” e “ macdonaldizzazione”, che S. Latouche aveva criticato già nei primi anni ’90. Così nella prima parte ci immergiamo in “Terra Patria”, “Patria, da pater”, parola che separa, afferma identità nazionali contrapposte, metafora tragica dell’ordine simbolico del potere patriarcale, a “Dal Dio Padre al moderno Sovrano”, con un’accurata indagine del fondamento violento del patriarcato, nelle sue terrifiche declinazioni , dal mito di Crono, di Laio e di Edipo, intriso di morte e sacrificio per arrivare al Totem-Padre, fino al Dio ebraico e cristiano, e all’autoritarismo senza limiti dello stato assoluto, forma iniziale dei moderni stati nazionali. La seconda parte ci propone un viaggio affascinante da “Heimat, la matria” a “La lingualatte e la nazione culturale”, come aspetto chiave del saggio, con una narrazione linguistica e storica, dei due modi di indicare la patria in lingua tedesca: Vaterland, termine maschile che indica la terra dei padri e dei patrimoni e Heimat, quello femminile , universo-mondo della terra della madre come intimità, casa, accoglienza, pace. Qui avviene, quasi magicamente, l’incontro estremamente ricco di implicazioni e riflessioni, con i fratelli Grimm, famosi soprattutto per le loro fiabe universalmente conosciute, ma anche raffinati giuristi e filologi, “maschi gentili” che di fronte all’invasione di Napoleone Bonaparte contro la Confederazione tedesca nel 1806 preferirono ricercare le tracce della coscienza corale e poetica della nazione culturale tedesca nei racconti orali tramandati da secoli, nelle case, nel linguaggio materno della fiaba, dove trovarono le radici della Madre-Terra , nella grazia, nella “lingualatte”,che rappresenta quel “miele dell’inconscio”, come dice H. Cixous, che ci nutre con il latte materno e ci rende “nazione”. In tal senso la poesia della lingua materna del genere umano riesce a farsi comprendere da tutti, anche dalle persone più semplici e umili, attraverso il cuore e la parola corale e preziosa della fiaba. Tanti sono gli autori che con grande accuratezza ci propone l’autrice, da S. Freud, a H. Arendt, da S. Weil a W. Benjamin, al regista E. Reitz, a M. Weber a J. J. Bachofen, solo per citarne alcuni. Fino alla parte conclusiva che ci coinvolge con “Comunità locali, beni comuni e diritti comuni”, “Zweite Heimat, la Matria immaginata”, “L’Europa come koinè ermeneutica” e “Una Natura-Madre e Matria” in cui si tesse sapientemente il rapporto simbolico del vivere con la Natura, con riferimento anche al film epopea , “Heimat “, di E. Reitz, alla ricerca dell’utopia di una seconda patria per la nazione tedesca dopo le atrocità del nazismo, con l’idea della Grande Dea Madre Mediterranea che nutre le fondamenta dell’ecologia, come scienza del vivente, per G. Batenson. Qui si celebra la Terra come un sistema vivente, “luogo saldo in cui si gioca collettivamente il destino della nostra specie”, nelle parole di E. Morin del 1993, “e la presa di coscienza di questa comunanza terrestre è l’evento-chiave che può consentirci di uscire dall’età della barbarie, facendoci comprendere che siamo solidali in questo pianeta, e con questo pianeta, evitando così di finire nel baratro”. Ultimo suggestivo riferimento è il richiamo attonito all’idea-cardine della Carta della Terra dell’UNESCO, del 2003, ”il rispetto della Terra e della vita in tutta la sua diversità; prendersi cura della vita con comprensione, compassione e amore; costruire società democratiche che siano giuste, partecipative, sostenibili e pacifiche; tutelare l’abbondanza e la bellezza della Terra per le generazioni presenti e future”. E’ proprio questa la trama fitta di bellezza, politica e poetica insieme, a dare a Matria quel tocco necessario per affrontare i nodi del presente, per questo non si può dimenticare.
Rosella Apruzzi