Voglio scrivere una lettera ai pugliesi! mi sono detta stamattina quando alle 5 gli occhi si sono spalancati. Così eccomi qui, carta e penna, come si faceva tanto tempo fa, quando ancora non eravamo prigionieri di una tecnologia che se da un lato è affascinante e indispensabile, dall’altro ci ha privato, molto prima del covid, di quella vicinanza che qui a Sud è davvero premessa e promessa di felicità.
Ci penso ogni volta che ascolto quei discorsi così giusti sugli abbracci mancati e, ancora di più, in queste ore così prossime al Santo Natale. Penso a quando eravamo liberi di stare al mondo come più ci piaceva, e nonostante tutto, quante volte ci è capitato di vedere persone sedute una di fronte all’altra ma distanti chilometri? Quante volte è capitato a noi? Quante volte, distratti da mille impegni o pensieri ingombranti, abbiamo permesso che i nostri bambini si misurassero con la Nintendo switch piuttosto che con i loro coetanei?
Quante volte abbiamo pranzato con i nostri genitori con la calma e la pazienza di ascoltare la loro routine oppure quei racconti “sul figlio della vicina che ti ricordi era il marito di quella che andava a scuola con quell’altra…”? (che poi quant’è bello questo rapporto mistico col vicinato tipico del Sud?).
Forse vi starete chiedendo cosa c’entra tutto questo con il Natale, con la pandemia.
Ecco secondo me c’entra eccome. Perché in mezzo a questo mare di fragilità e dolore che questo tempo ci sta consegnando ci sono molte cose che possiamo fare perché il futuro sia qualcosa che non stiamo ad aspettare “e quello che sarà sarà”, ma una grande storia d’amore e consapevolezza. Una storia in cui prossimità non è solo una bella cartolina da esibire in pubblico ma il frutto di un nuovo modo di guardare le cose, di una sensibilità ritrovata.
Così anche prendersi cura degli altri verrà più facile. Perché quando riesci ad andare oltre te, quando cominci a dare a ogni cosa il suo senso e il suo spazio, quando ti abitui a guardare davvero le persone che ami, gli amici, un vicino, la prossimità si fa realtà.
Molti magari adesso staranno dicendo: “è facile parlare per lei che non deve porsi il problema di arrivare a fine mese”.
Avete ragione ma vi garantisco che io mi chiedo ogni giorno come arriverò a domani, se sarò in grado.
Perché, credetemi, chi fa politica come la faccio io, lavorando 20 ore al giorno, sacrificando tanto, forse troppo, il tempo per la propria famiglia, provando a fare davvero qualcosa di buono per i cittadini, per ciascun cittadino, il senso di responsabilità è pesante come un macigno. Soprattutto se a pomeriggio, magari, hai ricevuto la telefonata di una mamma che, piangendo, ti racconta la storia della sua bambina, e non lo fa per elemosinare aiuto o pena ma perché sta combattendo perché le vengano riconosciuti i diritti che le spettano.
Insomma un’anima abbiamo, anche noi “politici”, e a Dio dobbiamo renderla. Io ci credo e, soprattutto, il mio è un cuore qualunque e soffre come quello di tutti gli altri.
Per questo vi chiedo di aiutarmi, di continuare a scrivermi, messaggi, mail, lettere, perché la politica, quella con la P maiuscola, si può fare solo così, con un contatto diretto e costante con chi certe situazioni le vive in prima persona e ne conosce e riconosce ogni latitudine.
E comprendo la sfiducia, la comprendo al punto che anche a me tantissime volte sono venuti dubbi, tantissime volte avrei voluto urlare: “uscite fuori da quei palazzi, guardate in faccia le persone”. Per fortuna, però, nei palazzi ci sono altrettanti politici lungimiranti, umili, preparati, e tantissimi lavoratori infaticabili.
Per questo voglio dirvi che le cose si possono cambiare ma solo se ciascuno di noi s’impegna davvero, da qualunque ruolo, e se lo fa insieme agli altri, rispettando le loro opinioni, convincendosi che solo nel confronto si cresce e si migliora. Perché la parola politica ha senso se fa rima con comunità e se tutti ci sentiamo quel pezzettino indispensabile a completare il puzzle.
È questo l’augurio che faccio oggi, a voi e a me. Che siamo due facce della stessa medaglia e questa medaglia si chiama Puglia. La Puglia nostra e dei nostri figli, quella di oggi e di domani, quella che funzionerà solo se torneremo a guardarci davvero.
Buon Natale!
Loredana Capone – Presidentessa del Consiglio regionale della Puglia