Autore: Attualità IN EVIDENZA

L’eterna piaga della corruzione

Sull’ignominiosa vicenda del Qatargate ne leggiamo continuamente di brutte. Giorni fa, su «La Repubblica», la Presidente del Parlamento Europeo Roberta Metsola rilasciava un’intervista lacunosa, pseudoingenua. «Non sospettavo nulla … Non conosco Panzeri … Serviva più vigilanza … Voglio sanzioni più rapide, ecc». Signora mia, mai sentito parlare di meccanismi di controllo preventivo, regolamenti ben definiti, verifiche e monitoraggi incrociati, insomma tutte quelle tutele che formano un ombrello di garanzia contro ogni tentativo fraudolento? Certo, per attuare strumenti efficaci di gestione ci vuole la volontà politica. Già scriveva il Machiavelli nel suo «Principe» che «l’onestà politica non è altro che la capacità politica». Qualche secolo dopo, il pragmatico Carlo Max chiosava: «L’essere sociale non è determinato dalla coscienza, ma dal dato materiale». Mi rendo conto che appellarsi a grandi figure del passato (Gandhi, Gramsci, La Malfa, Berlinguer) sia un po’ in odore di retorica, ma sempre meglio avere questi riferimenti etico-culturali che gli insulsi e ipocriti pistolotti di maniera confezionati dai maestri della banalità nei salotti televisivi (la TV è l’ovvio dei popoli). Se Bruxelles piange, Roma non ride. Travolti dall’onda  dell’info magmatica planetaria, rischiamo di archiviare nel dimenticatoio i misfatti della corruttela che ci hanno ferito nell’ultimo trentennio. Chi ricorda ancora «Batman Fiorito e la banda degli onesti»? Da Mani Pulite in avan­ti, è stato tutto un crescendo di scandali: nella sanità, nella Protezione Civile, nelle grandi opere, nelle Amministrazioni pubbliche, nella Magistratura e nelle Forze Armate. Ovunque c’erano affari, costante è stata la presenza del mostro bicefalo, la mafia e la corruzione. Le cose non sono quindi affatto cambiate. Due i provvedimenti-pannicelli caldi adottati per «annientare» il malaffare: l’istituzione della Giornata Internazionale contro la corruzione, fissata al 9 dicembre (sic!), e il risibile «Piano Triennale di Prevenzione della Corruzione». Il giudice Bruno Tinti, grande esperto di reati tributari, si starà rivoltando nella tomba. Più volte aveva affermato che l’unico modo di contrastare la corruzione era quello «all’americana». Negli States il corrotto e il corruttore hanno sempre la facoltà di potersi ravvedere, senza alcuna prescrizione temporale. Chi denuncia, fornendo le prove, mette nei guai il denunciato e, nel contempo, libera se stesso da ogni responsabilità civile e penale. Con questo meccanismo, il concussore ci pensa tre volte prima di proporre qualcosa di illegale al potenziale concusso … Se ne deduce che tutti coloro che siedono nelle poltronissime del Potere, di fatto fanno solo «ammuina», perché non hanno alcuna intenzione di affrontare di petto il problema per ridimensionarlo al massimo possibile. Forse, per chi tiene i fili del gioco l’onestà non è un valore strettamente necessario, non è insomma né quella di Pirandello né quella di Dostoevskij, è solo un optional. Quanto alla corruzione, essa non va demonizzata ma al massimo tassata, perché è sempre esistita, è un fenomeno fisiologico funzionale al benessere di un popolo. Questo insegna la storia, a partire dalla civiltà mesopotamica del 2500 a.C., proseguendo per quella ebraica («Lo shohadh (regalo) fa largo all’uomo/e gli dà accesso fino ai grandi» – Proverbi 18:16-), quella romana, quella dei barattieri del ‘300, degli affaristi dell’800, dei gerarchi fascisti, dei dorotei degli anni ‘50/‘60, eccetera, fino ai nostri disinvolti tempi. Per fortuna, in molti non la pensiamo così, ma questo serve a poco.

Gabriele D’Amelj Melodia (Agenda Brindisi 20 gennaio 2023)

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