Gli effetti della pandemia sono percepibili ogni giorno da ognuno di noi, non solo per le conseguenze piccole e grandi vissute in prima persona, ma anche nel confronto con qualche amico che da mesi è fermo con il lavoro, o passando accanto a un’attività in difficoltà per le restrizioni di questi mesi.
Qualche sera fa, mentre ero fermo a un semaforo, ho visto passare in bici un ragazzo che conosco, perché gestore di un ristorante vicino casa. Chiusa la sua attività si è dovuto reinventare come «rider» per le consegne a domicilio. E’ stata una scena che mi ha colpito profondamente, che mi ha letteralmente scaraventato in faccia la realtà di questo infelice periodo storico. La crisi sta colpendo una parte smisurata di popolazione, spesso silenziosa, che abbassa la testa e cerca un modo per tirare avanti.
Oltre alle scene di vita vissuta, la drammaticità di questo momento la raccontano bene i numeri: per il nostro Sud lo Svimez ha calcolato un calo del PIL di poco inferiore al 10%. Ancor più sconfortanti, se possibile, sono poi i numeri legati al tasso di crescita per gli anni 2021 e 2022, con stime che vedono il centronord viaggiare a velocità nettamente superiori. II prezzo pagato dalle donne in questa pandemia, inoltre, è impressionante: su circa 444 mila lavoratori che hanno perso il posto in Italia nel 2020, ben 312 mila sono donne.
Ora, evidentemente, a questi dati si deve rispondere con politiche per il lavoro, con nuovi investimenti e in questo il Recovery Plan rappresenterà una risorsa preziosissima. Parallelamente, però, è in moto una grande attività di supporto a chi in queste settimane patisce la crisi economica e che vorrebbe semplicemente vivere dignitosamente.
E’ un lavoro portato avanti con fatica dalle Amministrazioni locali, impegnate senza precedenti nell’erogazione di servizi sociali sempre più determinanti, ma anche dall’associazionismo e dai privati.
A tal proposito va sottolineato un aspetto: la novità di questi tempi riguarda proprio la diffusione senza confini della povertà nei confronti di fasce di popolazione un tempo mai toccate da problemi economici.
I «nuovi poveri» spesso non trovano nemmeno il coraggio di chiedere un aiuto, o magari non sanno nemmeno quali siano i canali migliori per ottenerlo. Ecco perché cambia anche il modo di aiutare le persone, coinvolgendo direttamente la società, con progetti che impegnano e responsabilizzano i cittadini.
Un esempio per tutti, in questo senso, è quello della spesa solidale, divenuta sempre più uno strumento di sopravvivenza per intere famiglie. Da qualche giorno anche da noi vi è un progetto molto interessante, nato dall’impegno dell’Amministrazione e di enti e associazioni del territorio. Si chiama «Brindisi solidale» e mira a creare una rete di attività dove poter acquistare attraverso la cosidetta «spesa sospesa», distribuita grazie alla Caritas a chi necessita di un aiuto. Anche chi acquista nei negozi aderenti, inoltre, può lasciare una quota di spesa che potrà essere usata da chi ne ha bisogno, supportando allo stesso tempo l’economia locale. Insomma, come diceva il grande Eduardo Galeano, se la carità può apparire umiliante perché viene esercitata in senso verticale e dove capita, la solidarietà è orizzontale e comporta il rispetto reciproco. E sarebbe bello si diffondesse sempre più nella nostra città.
Andrea Lezzi (Agenda Brindisi – 5 febbraio 2021)
L’esempio di «Brindisi Solidale»: un antidoto per la crisi economica
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