Sono da sempre un gran cultore di libri umoristici e di testi parodici. In particolare mi ha sempre affascinato il vasto territorio della parodia, la quale, in fondo, è una «summa» di tutti gli altri generi affini (comicità, ironia, satira). «Parodia» (parà=vicino; oidé=canto) non è pedissequa storpiatura, caricatura o mero rifacimento comico di un testo. L’alta parodia presuppone studio e immedesimazione nel testo e nella testa del parodiato, da cui bisogna desumere non solo lo stile ma persino l’anima. La scrittura e la drammaturgia parodistica rappresentano un esercizio colto, profondo, e anche un omaggio all’autore preso di mira. Scarpetta scrive ‘Il figlio di Jorio’ per far (sor)ridere, ma anche perché, in fondo, ammira «l’Immaginifico» (Ma il suscettibile Gabriello non coglie e lo querela). Idem Gozzano, con la sua poetica improntata alla diminutio della vita «inimitabile» e del verbo iper aulico del Vate. Partendo da più lontano, Aristofane, ne ‘Le nuvole’, fa lo sfottò a Socrate (un Cacciari ante litteram?) facendolo sparlare dall’alto, dov’è sistemato in una cesta sospesa nel cielo. Ancora più marcato il segno parodico nelle ilarotragedie del periodo ellenistico alle quali si ispira il «giovane favoloso» Giacomo per comporre il suo geniale divertissement ‘Paralipomeni della Batracomiomachia’. Anche Lucilio, autore del II secolo a.C., nei suoi ‘Carmi’, si cimenta nella presa per fondelli dello stile solenne di mostri sacri quali Ennio e Marco Pacuvio (già, il nostro concittadino). Nel ‘500, Pietro Aretino, il quale oltre ad essere un pornografo era anche un raffinato umanista, si sfizia nel parodiare Dante e Petrarca. Celebre la contraffazione del ‘Don Quijote’ operata ai primi del ‘600 da un letterato spagnolo che si firma col nom de plume Alonso Avellaneda, e, tornando in Italia e più avanti, riscuotono buon successo ‘Gli animali parlanti’, parodia satireggiante scritta a ridosso della rivoluzione francese dall’abate Casti, e il più noto ‘La partenza del crociato’, parodia delle ballate romantiche del cav. Enrico Visconti Venosta. Ricordo che, oltralpe, il genere parodico appassionò anche Marcel Proust, autore di ‘Pastiches e melanges’, molto apprezzati. Termino con la doverosa citazione di un grande intellettuale della modernità, Umberto Eco, e di due giganti della contemporaneità: Stefano Benni e Michele Serra. Eco, nel suo leggendario ‘Diario minimo’ (1963), fa il verso in modo esilarante a Robbe-Grillet, Adorno e, soprattutto, a Nabokov. Il suo «Nonita», che mima «Lolita», andrebbe studiato a scuola. In ‘Il bar sotto il mare’ (1987), Benni si produce in un campionario di prestidigitazione stilistica rendendo «omaggio» ai minimalisti americani, al feuilleton ottocentesco, all’horror … Michele Serra, infine, è un «ladro di stili» storico, sin dai tempi di «Tango» e di «Cuore», e di quella chicca assoluta che rimane ‘Visti da lontano’ (1987), in cui «entra» magistralmente in noti personaggi dell’epoca (Alberoni, Natta, Berlusconi, Minà, ed altri ancora): vera poesia ancora reperibile nelle buone librerie.
Gabriele D’Amelj Melodia (Rubrica CULTURA – Agenda Brindisi 29 aprile 2022)
L’angolo della cultura / Sì, la vera parodia è arte …
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