Lettera aperta a Giorgia Meloni – La Rivoluzione ha capelli corvini e labbra rosso ciliegia. Ha 22 anni e il cranio fracassato dalla polizia morale, a Teheran. Si chiama Mahsa, è morta perché non indossava l’hijab nel modo corretto. Dopo di lei è toccato a Nika, che di anni ne ha 17 e un corpo suturato alla grossa seppellito in segreto. La Rivoluzione ha nomi e corpi di donna, ma come una creatura fantastica, cresce e si moltiplica, prende mille forme e risponde a mille nomi. Diventa l’onda degli studenti di Teheran, ragazzi e ragazze attaccati dalla polizia con pietre e proiettili di gomma o assume le sembianze di un’ottantenne, che in un video scopre il capo per la prima volta. La Rivoluzione non è un affare di donne musulmane. È un movimento di ribellione a un sistema teocratico e patriarcale che dispone di una folle struttura repressiva: gendarmi che controllano un velo posizionato nel modo giusto, una risata, una musica canticchiata, la possibilità per le donne di uscire senza accompagnatori. La Rivoluzione riguarda tutti. Riguarda sì, le donne in primis, che in un mondo al maschile rappresentano i primi bersagli da colpire, i primi corpi da controllare. Ma un sistema che limita la libertà, che tortura e uccide, che regolamenta ogni aspetto della vita tramite l’assoggettamento del genere femminile, di fatto decide come deve vivere, comportarsi, uscire, pregare, passeggiare, mettere su famiglia, tutta la popolazione. Riguarda un Oriente che ha fatto della teocrazia un sistema di dominio e del corpo delle donne un simbolo del Male. Ma non è un affare di donne e non è un affare di donne musulmane. Riguarda un Occidente che se tollera che un paese vicino leda sistematicamente i diritti umani, opera in un’illusoria isola delle libertà, traballa sul piedistallo della propria democrazia. Le donne musulmane, levandosi l’hijab hanno squarciato il velo di Maya che avvolge il mondo.
Oggi abbiamo una donna Presidente del Consiglio, per questo ci rivolgiamo a lei, a Giorgia Meloni, non perché stia alle donne farsi carico dell’emancipazione femminile, ma perché lei, da donna, come in Iran, può accendere la scintilla del cambiamento. Un cambiamento che porta beneficio a tutti, perché in un regime repressivo il carnefice domina, ma vive anche lui soggiogato dall’apparato. Uno spettro si aggira nel mondo, il vento benevolo di un’energia femminile che vuole trovare la sua strada e imprimere la propria piega alla Storia. Ci appelliamo quindi a Giorgia Meloni, perché posizioni l’Italia dal lato giusto della Storia, contro ogni repressione, contro ogni teocrazia, contro ogni patriarcato. Perché essere donna può costituire un valore, essere la prima donna Presidente del Consiglio può fare la differenza. Liberando le donne iraniane, si affranca un Paese da un regime repressivo e un effetto domino potrebbe strappare il burka alle afghane, fermare le violenze Africa o disattivare gli armamenti nucleari di due potenze virili e contrapposte. Utopia? Non sottovalutiamo la forza gentile della Rivoluzione femminile. In Iran la Rivoluzione ha le movenze di una ragazza. Che compie il gesto più innocente del mondo: ravviarsi i capelli.
Valeria Giannone (Rubrica ALLEGRO MA NON TROPPO – Agenda 28 ottobre 2022)