Riceviamo e pubblichiamo un articolato intervento di Carmine Dipietrangelo (Amministratore di Tenuta lu Spada) sull’agricoltura brindisina tra futuro, sviluppo e lavoro.
Periodicamente a Brindisi si assiste ad una surreale discussione sul porto e sul suo apparato industriale ma in un modo tale da non incidere sulla realtà delle cose. Le questioni sono da anni le stesse mentre la disoccupazione aumenta, i nostri giovani vanno via, la cassa integrazione aumenta, si fanno meno figli, gli investimenti pubblici e privati latitano. Molti a furia di guardare indietro hanno ormai il torcicollo. Anche da parte di chi dovrebbe avere la sensibilità, la funzione e la lungimiranza per prendersi cura di una città sofferente e delusa si preferisce la mera e la solita partecipazione alla spartizione di poteri e di poltrone. È il momento per un ripensamento sul futuro economico e produttivo della città che non può essere deciso né da una setta e ne da chi ignora o rimuove la realtà. Siamo obbligati tutti a dare un contributo. Ce lo impongono i fatti, gli sconvolgimenti sociali, economici che la pandemia ci pone di fronte. Non si può affrontare un periodo drammatico come l’emergenza pandemica puntando esclusivamente sulla soddisfazione di istanze immediate o con categorie del passato. È necessario puntare sugli investimenti a breve e lungo termine, sulle opere pubbliche davvero necessarie, sulla infrastrutturazione territoriale. Così come è necessario non mettere i bastoni tra le ruote di chi genera sul serio posti di lavoro (ossia le imprese sane e trasparenti).
Può e deve certamente contribuire un’altro tipo di industria, meno pesante e non inquinante coinvolgendo innanzitutto i grandi gruppi storicamente presenti nel territorio, una idea meno vaga di porto produttivo e infrastrutturato e un impegno per la transizione energetica con meno slogans e più progetti. Ma ad un nuovo sviluppo può dare il suo contributo anche l’agricoltura del territorio. Di questo, però, non c’è consapevolezza e abbonda una fastidiosa indifferenza soprattutto tra coloro che pur avendo responsabilità amministrative e politiche dimostrano di non conoscere il territorio e il contesto in cui vivono ma su cui pesano le loro scelte. So di ripetermi ma ritorno a sottolineare come la città di Brindisi, per superficie agraria, è la città pugliese, dopo Foggia, con l’agro più esteso. Arriva fino ai confini di Mesagne, Sandonaci, San Pancrazio, San Pietro, Cellino, Carovigno, San Vito. In provincia di Brindisi il peso dell’agricoltura sul valore aggiunto è passato dal 3,9% del 2005 al 6,5% del 2015 mentre l’industria, nello stesso periodo, dal 19% al 17%. Gli addetti nell’industria sono circa 20.000, in agricoltura sono 13.000 (e a questi andrebbero aggiunti quelli dell’indotto e della trasformazione alimentare, calcolati tra gli addetti nell’industria). In città, in proporzione, i rapporti sono più o meno gli stessi. Ma il settore agricolo rimane privo di considerazioni e di attenzione. Brindisi non è solo industria, porto, zona industriale, ne’ tantomeno territorio indistinto da aggredire e utilizzare ulteriormente per impianti fotovoltaici o per un futuribile ciclo dell’idrogeno. È l’unica città capoluogo che ha, a suo nome, una DOC e che fece del vino una delle sue principali ragioni e condizioni di sviluppo produttivo e urbanistico. Anche qui mi ripeto.
Le fornaci per la costruzione in epoca romana di anfore vinarie, i tantissimi stabilimenti vinicoli, tutti distrutti o dati alla rendita e alla speculazione edilizia, l’utilizzo, in varie epoche, del porto per il trasporto del vino che si produceva nel territorio, sono, forse la testimonianza più significativa della storia vitivinicola della città. Ma questo è il passato, mi si può obiettare. Altre realtà, però, con le vigne, l’uva e il vino hanno fatto le loro fortune. Anzi le abbondanti uve di negroamaro, di susumaniello, di malvasia che si producono a Brindisi (il 42% dell’intera provincia) sono valorizzate, trasformate e utilizzate in altri contesti anche vicini, in un rapporto positivo tra produzioni agricole, cibo, territorio, cultura. Si possono valorizzare e utilizzare a Brindisi le sue tradizionali produzioni, il suo saper fare agricolo, i suoi terreni, la sua pianura, il paesaggio delle campagne, per ripensare anche così il suo futuro? Alcuni produttori agricoli ci credono e stanno investendo risorse importanti. Le vigne del territorio di Brindisi producono ormai ottimi vini riconosciti a livello nazionale e internazionale. Lo fanno senza rumore ma continuano a riscontrare attorno a loro disinteresse e scarsa considerazione politica e istituzionale. L’agricoltura brindisina a partire dalla sua vitivinicoltura può essere modernità e futuro e, con il suo vino DOC, può contribuire a far conoscere e a costruire una NUOVA BRINDISI (intesa come città e come comunità che si ripensa nella sua stessa identità). Non mancano a questo riguardo il saper raccontare (comunicazione, marketing, brand), il saper vendere(internazionalizzazione, e commerce, cercare e creare nuovi mercati), il saper innovare (tecnologie di conduzione e di buona e sana coltivazione dei processi produttivi), il saper ricavare nuovi prodotti dalle vecchie produzioni. Che sia cultura o storia, biologia o chimica, è il sapere l’elemento di maggiore valore anche per l’agricoltura. E poi tutto è collegato. Una sana agricoltura fondata sui saperi fa bene alla salute. Una buona agricoltura tutela il territorio e il paesaggio. Un paesaggio e un territorio ben tutelato attira il turismo, soprattuto quello di qualità. Il turismo di qualità va alla ricerca di benessere e di cibo sano, crea nuova occupazione, incentiva l’artigianato di territorio.
L’agricoltura è il settore dell’economia il più orizzontale e circolare possibile. Anche questo è un messaggio utile per il nostro futuro, per i giovani e la loro formazione ,per il futuro di questo territorio che può riscoprire tutte le sue potenzialità, ridando alla terra e alla agricoltura il ruolo perso o abbandonato. È giusto pensare da qui in avanti al settore attraverso una visione più ampia dove gli aspetti innovativi offrono spunti interessanti di reale cambiamento. Si può dare così una prospettiva alle nuove generazioni interessate e attratte dalla campagna e dalla agricoltura e dalla sua vitivinicoltura. Sarebbe già un ottimo segnale per la città e per l’agricoltura brindisina se si prestasse attenzione a questa parte importante della sua economia e si riuscisse a ricostruire un rapporto di reciproco ascolto con i protagonisti, le associazioni del settore, così come avviene con i bisogni, i protagonisti dell’industria, del commercio, del turismo, del porto. E’ anche questo un modo per ripensare allo sviluppo della città e per guardare al futuro dei nostri territori senza rimanere impigliati ancora nelle polemiche sulla vecchia industrializzazione, una parte della quale ha ormai fatto il suo tempo. Insomma è maturo il tempo che anche a Brindisi l’agricoltura ritorni ad essere considerata in maniera diversa per farla diventare una componente forte dello sviluppo del territorio. Sarebbe necessario, oltre al patto “città-campagna” come delineato dal PPTR, “un patto verde” per una buona agricoltura, contro l’abbandono dei terreni, recuperando quelli incolti per far crescere così, attraverso incentivi, associazionismo, formazione, una nuova passione e una imprenditorialità giovanile radicata nel territorio e del territorio. L’agricoltura è un settore pieno di opportunità e può avere un elevato valore aggiunto a condizione che si sappia generare quel circolo virtuoso del sapere fatto di tradizione, qualità, innovazione e capacità di racconto. E Brindisi dai tempi dei messapi e dei romani, per la fertilità del suo agro, per la bontà delle sue produzioni agricole (il suo vino soprattutto) può fare e raccontare tanto.
Carmine Dipietrangelo – Amministratore di Tenuta lu Spada