All’inizio della Grande Guerra, la Germania possedeva 30 U-Boot (Unterseeboot-battelli sottomarini) utilizzandoli fino ad allora, a differenza degli altri paesi, per controllo territoriale e blocco commerciale. Furono presto dislocati nell’Adriatico quale arma occulta capace di colpire di sorpresa e di fuggire rapidamente dal luogo dello scontro. Le coste dalmate e serbo-albanesi, del resto, con le loro insenature deserte, piccoli fiordi ed una costa del tutto irregolare a differenza di quelle pugliesi e salentine, particolarmente sabbiose e lineari, favorirono un ottimo nascondiglio per tali mezzi marini. Gli U-Boot, tuttavia, potevano immergersi fino a 70 metri circa per poche ore, si limitavano ad immersioni in fase di avvicinamento al nemico o nel tentativo di sfuggire ai cacciatorpedinieri. La loro arma micidiale era la sorpresa, la possibilità di lanciare siluri (5 o 6 al massimo) e di liberare in mare, con un sistema di sgancio, mine galleggianti (torpedini).
Dotati di un cannone da 160 mm., potevano avere una velocità in immersione di circa 16 Km/h e ospitavano un equipaggio di circa 20/40 uomini. Si resero ben presto responsabili di incursioni minacciose e disseminatrici di torpedini nelle acque antistanti i porti del basso Adriatico, salentine in particolare. Nel corso del 1916, la minaccia tedesca nelle acque dell’Adriatico indusse il capo di Stato Maggiore, il duca degli Abruzzi Luigi Amedeo di Savoia, a dotare Brindisi, dopo averla dichiarata stazione di prima classe, di 26 idrovolanti (raggio d’azione Canale d’Otranto, costa serbo-albanese-Otranto) con varie navi appoggio e cacciatorpediniere. Il porto viene requisito dall’Autorità militare per lo stazionamento e la partenza dei navigli da guerra dell’Intesa italo-franco-inglese e adattato alle nuove necessità belliche (hangars Bresciani oltre ai Savigliano per i dirigibili già presenti lungo la costa Guacina, scivoli per gli idrovolanti, costruzioni logistiche per ufficiali e truppa). Necessità belliche che richiesero una strategia particolare relativamente alla costante minaccia degli U-Boot. Si realizzò, quindi, una capace flottiglia di drifters che, già sul finire del 2015, partendo per lo più dal porto di Brindisi, si assemblavano nel canale d’Otranto tra Adriatico-Ionio-costa greco albanese (linea Otranto-Saseno) per 40 miglia (circa 71 Km.) con un numero di 120 imbarcazioni in turnazione. Si trattava di pescherecci a vapore dei mari del nord, scozzesi per lo più, di una ventina di metri di lunghezza, dotati di un cannoncino a prua e bombe di profondità con reti metalliche di traino sospese in acqua a sbarramento fisso, immerse a 10 metri dal pelo dell’acqua e profonde fino a 50/60 mt. Avevano idrofoni per rilevare rumori sospetti dalla profondità e motolance d’appoggio con posa reti e la possibilità di comunicare la posizione alle unità marittime dei porti di Brindisi, Valona, Corfù.
Nel corso della guerra, Brindisi subì undici bombardamenti aerei da parte di 58 veivoli nemici con centinaia di vittime (molti civili), una compromessa economia mercantile e peschereccia ed una navigazione extraportuale esterna minacciata dalle torpedini e dalle incursioni dei sommergibili nemici. Il 6 aprile 1916, tre cacciatorpediniere (Animoso, Bronzetti e Irrequieto) inseguono un sommergibile nemico presso il semaforo di Brindisi mentre tentava di far ingresso nel porto interno. Analogo episodio il 9 giugno 1917, quando tre MAS escono dal porto per inseguire un U-Boot che stazionava nel porto medio. Il 21 giugno 1918, cinque MAS nel porto, inseguono un U-Boot nemico che riescono ad affondare a 15 miglia dal castello Alfonsino. A memoria degli eventi bellici che riguardano Brindisi nel corso della Grande Guerra, va menzionata, oltre ai presidi e ai mezzi militari della Marina (l’Arma Aeronautica sarà costituita solo nel 1923) fin qui ricordati (Idrovolanti, MAS, Cacciatorpediniere, drifters etc.) la realizzazione di una efficace rete mobile antisommergibile collocata alla foce d’ingresso del canale Pigonati in continuità con il sito degli hangars Bresciani, alta 8/10 metri, semovente con complessi sistemi meccanici di manovra, oggi ancora visibili nel quadro comandi, fu costruita dalla ditta F.lli Muzzi di Firenze, officina che nel 1910 celebrò il primo motore a scoppio totalmente di costruzione italiana e all’inizio delle ostilità divenne fabbrica militarizzata (sua la realizzazione del famoso fucile ’91). Pressocché ignorata dalla storia locale e non solo, fu responsabile di una efficace dissuasione antisommergibile nemica a favore della flotta alla fonda nel porto e della città stessa.
Ciò che restava del suo glorioso stato di servizio fino a pochi mesi fa, era un cumulo di macerie laterizie (foto) crollate a coprire l’intero sistema cancellandone del tutto l’identificazione nonostante la rarità di tale reperto bellico (pochissimi gli esemplari in Germania e Inghilterra). Meritorio l’intervento del Comune di Brindisi che sensibilizzato al problema da associazioni e storici locali, ha ripulito il sito restituendo onore e dignità ad una importante memoria militare, non solo brindisina. Se ne auspica una doverosa tutela e valorizzazione per il futuro.
Giuseppe Maddalena Capiferro (Agenda Brindisi 22 luglio 2022)