Non ricordo chi, con intento riduttivo, disse «in fondo è solo un abbeveratoio per cavalli». In realtà lo è davvero, ma con un notevole valore storico-monumentale. Un paio di anni fa imperversavano le polemiche per l’edificio che si stava costruendo a ridosso della storica Fontana Tancredi. Non è il caso di ripercorre la storia di una querelle che non sarebbe dovuta neanche nascere, poiché chiunque, dotato di buon senso (anche civico), avrebbe ostacolato la sola idea di costruire. Oltretutto la Soprintendenza, nel lontano febbraio del 1968, aveva inviato al Comune una prescrizione con l’indicazione d’estendere l’area di rispetto attorno all’edificio monumentale della fontana. Tale prescrizione fu acquisita dall’ufficio tecnico comunale il 24 dello stesso mese, con numero di protocollo 1108. Ma è noto come vanno di solito le cose a Brindisi e quanto siano «profondi» i cassetti di alcune scrivanie. Acclarato, appunto, che se tutti avessero fatto il loro dovere il problema non sarebbe esistito – come ammetterà successivamente il Commissario straordinario Santi Giuffrè -, si affermò l’idea di una soluzione «pacifica» dopo le inevitabili controversie, soprattutto giudiziarie. La questione si avviò ad una conclusione «patteggiata» grazie all’idea di una permuta: il Comune cedeva un proprio immobile – sito tra le vie Cappuccini, Adamello e Osanna – in cambio del suolo in questione dove si stava costruendo. Scambio reso ufficiale con la delibera 48 del 4 giugno 2018. Nelle premesse della stessa delibera commissariale si legge, come si è detto, l’implicita consapevolezza di aver fatto una «cavolata» consentendo di costruire in quell’area. Ma essendoci l’abitudine di evitare sempre un pieno riconoscimento dell’«errore» (sia mai!), viene giustificato l’operato degli uffici comunali nella concessione della licenza edilizia, precisando che non sussisteva alcun «vincolo della Soprintendenza». Affermazione fuori luogo e avventata perchè è stato dimenticato (volutamente?)di ricordare le citate prescrizioni che, come abbiamo detto, l’allora soprintendente Renato Chiurazzi inviò al Comune. Oltre che sulla scarsità di coraggio nel fare piena chiarezza sulle vicende, non si può sorvolare sull’esistenza di aspetti che, a prescindere dal tempo trascorso e da altro tipo di considerazione, meriterebbero una lettura più puntuale e attenta, e probabilmente qualche autocritica.
Per procedere a tale permuta il Comune, doverosamente, sottopose il proprio immobile alla valutazione dell’Agenzia delle Entrate, che ne stabilì il valore in 385.000 euro. Al contrario, l’altro contraente, fece desumere il valore del proprio bene dall’atto di acquisto e dal (proprio) computo metrico dei lavori effettuati, quantificando il valore in 335.000 euro con differenza di 50.000 euro a favore del Comune. Di certo sbagliò l’Amministrazione che non pretese analogo e imparziale criterio di valutazione. Accettò, incamerando la documentazione presentata dalla società costruttrice ma così facendo si privò di una stima che, a parità di criteri di valutazione, sarebbe potuta essere, forse, più favorevole. Ciò in considerazione della diversità delle due aree per dimensioni, forma e vincoli vari, traducibili, verosimilmente, in una diversa capacità edificatoria. Diciamo pure che l’area ceduta dal Comune fosse, dal punto di vista imprenditoriale, più appetibile dell’altra, aspetto che forse avrebbe inciso sulla valutazione dell’Ufficio Tecnico Erariale.
La differenza di 50.000 euro a favore dell’Amministrazione doveva essere vincolata e finalizzata alla sistemazione di arredo urbano dell’area e per l’adeguamento dei locali già realizzati, ad uso garage, per adibirli a deposito dei reperti archeologici di proprietà comunale conservati nei depositi del museo di Egnazia.
Purtroppo non è stato fatto nulla di ciò che doveva esser fatto, nonostante siano trascorsi due anni. Oggi l’area ceduta al Comune è in stato di abbandono e degrado. Tutto ciò mentre la ditta ha quasi terminato di costruire sul terreno avuto dal Comune, riuscendo addirittura a realizzare più appartamenti (almeno così pare guardando la costruzione). E quindi, l’operazione dello scambio delle aree sembrerebbe essere stata conveniente dal punto di vista imprenditoriale. Alla fine di tutto però viene da chiedersi: che fine hanno fatto quei 50.000 euro destinati alla sistemazione dell’area? Sono ancora nella disponibilità o hanno «preso» altre strade?
Italia Nostra, Legambiente, Touring Club Italiano di Brindisi, Club per Unesco di Brindisi, Fondazione Tonino Di Giulio, Amici dei Musei, sono le associazioni che hanno lottato caparbiamente per il rispetto della Fontana Tancredi e perché la sua fruizione fosse «restituita alla collettività in un contesto architettonico di maggior pregio e respiro». Hanno fatto benissimo, ma ora quelle stesse associazioni hanno il dovere di non considerare chiusa la vicenda e pretendere l’immediata sistemazione dell’area. Se non lo faranno, finiranno con l’essere additate dalla gente come responsabili del degrado di quell’area.
Giorgio Sciarra (Rubrica ZONA FRANCA – Agenda Brindisi 31 luglio 2020)