L’edizione dell’Appia day di questo anno ha arricchito le iniziative dell’amministrazione comunale di Brindisi e di tante associazioni per e dopo il riconoscimento UNESCO dell’Appia antica. Non siano però fuoco di paglia o occasioni per esibirsi. Il riconoscimento dell’Unesco deve essere e diventare soprattutto a Brindisi consapevolezza popolare.
La nostra azienda come altre vi ha partecipato accogliendo ospiti italiani e stranieri per far degustare i propri vini, per parlare della storia vitivinicola di Brindisi e del tratto terminale dell’Appia antica, nelle vicinanze del quale, sorgono i nostri vigneti.
Tra le varie iniziative succedutesi in quei giorni mi è sembrata molto interessante e innovativa la proposta di Lega ambiente di fare dell’area del Cillarese (canale e bacino compresi) il parco terminale dell’Appia antica. La sua valorizzazione può diventare certamente un progetto di grande rilievo non solo storico ma anche di sviluppo turistico ed economico. La certezza storica e infrastrutturale, se non l’ovvietà, è che l’Appia iniziava a Roma e finiva a Brindisi. E dopo lo storico parco dell’Appia antica di Roma realizzare quello dell’Appia antica di Brindisi darebbe valore all’intero tracciato.
I Romani realizzavano le strade per logiche militari, di dominio e di espansione, ma, mentre le costruivano, attorno ad esse si realizzava sviluppo e, come diremmo nei giorni nostri, attrazione di investimenti. A dimostrazione che le infrastrutture, da sempre, non servono solo per far transitare uomini e merci ma creano anche altre utilità, culture e civiltà.
L’Appia e la Traiana furono, per la loro parte terminale nel nostro territorio, fattore di sviluppo, di modernizzazione anche nel settore agricolo e vitivinicolo. Le derrate alimentari e il vino, necessari per approvvigionare le truppe che si imbarcavano dal porto di Brindisi, terminal della via Appia e della via Traiana, venivano prodotti in questa area. La viticoltura fu portata nei nostri territori dai messapi ma ebbe un salto di qualità e anche di quantità proprio con i Romani. Il porto di Brindisi raggiungibile con la via Appia e con la via Traiana, per ragioni prima di carattere militare e poi per il ruolo che contestualmente veniva ad assumere anche dal punto di vista commerciale nel mediterraneo, diventò fattore di sviluppo territoriale e culturale. Non a caso i romani nel fare le strade sceglievano tracciati dove era possibile sviluppare, incrementare o realizzare attività agricole, necessarie all’approvvigionamento di derrate alimentari per i propri soldati e per i bisogni della vita quotidiana. E si costruivano tracciati preferibilmente vicini a corsi d’acqua.
Il vino era un alimento indispensabile così come l’olio anche per bisogni non solo alimentari. La viticoltura e l’olivicoltura della campagna che arrivava fino a Brindisi si sviluppano così. La testimonianza più importante è rappresentata, oltreché dalla fertilità dei terreni brindisini, dalla presenza delle fornaci di anfore utilizzate per il trasporto via mare di vino e di olio.
La viticoltura aveva un’importanza non solo economica ma anche culturale e sociale. Il vino era parte integrante della vita quotidiana romana, utilizzato in cerimonie religiose, banchetti e nella vita domestica. Le ville romane nei dintorni di Brindisi spesso erano dotate di vigneti e impianti per la produzione del vino.
In sintesi, il tratto terminale dell’Appia Antica a Brindisi non solo rappresentava un collegamento fondamentale tra Roma e l’Oriente, ma favorì anche lo sviluppo economico e agricolo, con la vitivinicoltura che giocava un ruolo di primo piano nell’economia romana in questa parte dell’Italia non a caso chiamata allora Enotria.
Mentre allora si definiscono i contenuti per partecipare alla più ampia progettazione per la valorizzazione dell’Appia antica e per gestire il riconoscimento UNESCO sarebbe opportuno conoscere e far conoscere meglio il tracciato della stessa nei nostri territori e in particolare in quello brindisino, senza farsi condizionare dal recente vissuto o da riferimenti relativi all’attuale via Appia. Il tracciato non è certamente quello che comunemente abbiamo conosciuto in epoca moderna, la vecchia statale poi trasformatasi nell’attuale superstrada che porta a Taranto.
Gli storici locali e non solo loro sostengono che il tracciato della vera Appia antica sia quello della vecchia strada per Mesagne oggi strada comunale per lo Spada e Casignano. Una parallela della statale e costeggiante i canali (Capece, Galina, Cillarese) che all’epoca bagnavano le campagne del territorio e arrivavano fino al seno di ponente del porto di Brindisi. Bisogna evitare allora che in qualsiasi progetto di valorizzazione della “regina viarum” prevalgano inutili sovrapposizioni di iniziative, di studi e progetti ma sopratutto approssimazioni e superficialità storiche dal momento che può essere una occasione utile per ridare identità e riconoscibilità a tutti i nostri territori attraversati dall’Appia antica. Servirebbe a dare anche agli amministratori locali e agli abitanti dei nostri comuni elementi utili e certezze per valorizzare e salvaguardare i tracciati lasciando così alle future generazioni tracce e luoghi del passato. Sono necessarie indicazioni e segnalazioni anche fisiche e stradali in grado di contribuire a dare identità territoriale e non solo riconoscimento storico e accademico ma anche di comunità di popolo.
Così come la valorizzazione dal punto di vista turistico ed enogastronomico della via Appia non sarebbe solo una proposta costruita sulla carta per ottenere un po’ di finanziamenti ma avrebbe il suo ancoraggio reale, partecipato e storico. Servirebbe a dare identità necessaria anche per un riconoscimento popolare e non per addetti ai lavori. Sarebbe utile, per esempio, riprendere la decisione dell’amministrazione comunale del 2001, ripristinando l’associazione della “strada dei vini dell’Appia”. L’associazione appia dei vini fu costituita dal comune di Brindisi con la partecipazione dei comuni di Ostuni, San Vito, Latiano e Mesagne. In seguito, a causa di mancati versamenti e per negligenza, l’associazione è stata di fatto sciolta. Stessa sorte tocco’ all’adesione di Brindisi alle “città del vino”.
La ricostruzione dell’Appia dei vini e l’adesione alle città del vino sarebbe un altro tassello per dare riconoscibilità, attrattività turistica ed enogastronomica a questa parte dell’Appia antica ed un modo per coinvolgere le realtà vitivinicole del territorio.
Esistono quindi le premesse per riunire gli enti pubblici, i soggetti economici, le realtà produttive,le associazioni ambientaliste, dopo il riconoscimento dell’Unesco, in un sistema che abbia anzitutto l’interesse per la valorizzazione, la promozione e la fruizione turistica del territorio e dei suoi prodotti.
Carmine Dipietrangelo – Tenute lu spada