Da tempo ho maturato il solido convincimento che le parole non nascono per utilizzo spontaneo da parte del popolo parlante (dal «signor uso», avrebbe detto il Manzoni) ma per pianificato progetto di laboratorio. Mi spiego meglio: i neologismi, le aggettivazioni o locuzioni sfornati con chiaro intento di frivolo definizionismo alla moda, nascono non in maniera naturale ma per elaborazione studiata. Oltre alle famose stanze dei bottoni, nei Palazzi romani ci sono sicuramente stanze di testoni, stretti intorno ad un tavolo per creare le parole del giorno da dare in pasto ai media, acritica cassa di risonanza che provvede poi a mettere in circolo vizioso il virus lessicale.
Così il fragrante vocabolo-prodotto di consumo, spesso un anglicismo del tutto superfluo, si insinua nelle bocche, negli occhi e nelle orecchie della gente, nella carta stampata, in televisione, radio e rete. Il processo diviene subito irreversibile: nessuno potrà più fermare la parola che vola nella sua brava bolla di vanesia effettualità. Certo il fenomeno non è nuovo, ma ora credo siano stati raggiunti livelli di cretinismo creativo molto preoccupanti. Ricordate, una volta c’erano «I berluscones», «I voltagabbana», «I peones», «I pianisti», «I bamboccioni», «Gli esodati», «I summit, la devolution e il blind trust», e tutto sommato, questi fior di conio ci potevano anche stare, ma dopo è arrivato il diluvio.
I politici e i playmaker dell’informazione hanno sbracato sommergendoci di forestierismi. Ed ecco allora lo tsunami: Welfare», Spending Rewiew, Spreed, Job act, Spoils system eccetera. L’emergenza Covid ha dato la mazzata finale: Lockdown, Triage, Task Force, droplet, smart working, wet market, spillover …
Vergogna assoluta! Ovviamente anche i vocaboli della nostra lingua patria sono stati maltrattati in vario modo. Qualche esempio, tanto per svergognare i cervelloni colpevoli di tali ridicole nefandezze: 1) CONFINAMENTO – Ma noi non siamo stati affatto mandati lontano, al confino, viceversa la nostra è stata una «reclusione coatta» e il famigerato lockdown, in fondo, era soltanto un «blocco». 2) ASSEMBRAMENTO – Ma dico, che stiamo ai tempi del codice Rocco? Dove sta l’atmosfera di sedizione? La gente tende semplicemente a riunirsi, al massimo ad affollarsi. 3) DISTANZIAMENTO SOCIALE – Il distanziamento non può essere mai sociale, semmai è sanitario. Sempre nell’ambito del malcostume linguistico, registriamo aggettivazioni folli e insensate. 1) PAESI FRUGALI – Fanno pensare subito alle nazioni dell’Est, delle tundre e delle steppe, o ai mangiatori di patate vangoghiani … ma «frugale» era la buonanima di De Gasperi o può essere un pasto da trappisti, allora che c’azzeccano olandesi, svedesi, austriaci e danesi? 2) LAVORATORI FRAGILI – Altro esempio illuminante di idiozia lessicale. I lavoratori possono essere soggetti a lavori usuranti, «fragili» invece erano certi amori cantati dal mitico Califfo, o sono tuttora alcuni pacchi postali o, ancora, i legamenti delle ginocchia del povero Zaniolo … 3) BONUS – E qui ce n’è per tutti … per casa, auto, monopattini, babysitter, vacanze, autonomi. Certo che ne abbiamo fatta strada: una volta, e con solennità, si parlava di «bonus animus» ( spirito onesto, coraggioso), ora, più sommessamente, di «bonus bici».
Bastiancontrario (Rubrica CONTROVENTO – Agenda Brindisi – 11 settembre 2020)
Dal bonus animus al bonus bici …
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