Che poca cosa sarebbe questa mia rubrichetta se trattasse solo di poeti, di santi e di navigatori, senza curarsi della guaina culturale che avvolge la nostra vita quotidiana e delle trasformazioni socio-antropologiche che plasmano i costumi contemporanei in nuovi e sempre più arditi modelli comportamentali. Una volta era bello andar sulla carrozzella, tra poco sarà bello restar sulla navicella. Come è noto, il fantasioso progetto «Sea working – Vinci un ufficio sul mare» ha lanciato una specie di riffa che permetterà di individuare il fortunato beneficiario a cui sarà riservato il piacere di telelavorare su una barca a vela attraccata nel nostro incantevole porto interno. La promozione tende ambiziosamente a creare un diffuso utilizzo di postazioni cittadine vista mare con cui implementare lavori agili prodotti da una nuova generazione di trasfertisti votati al lavoro da remoto. Una schiera di entusiasti sognatori dotati di un certo spirito d’avventura. Il prototipo di questi smanettatori di PC da barca lo vedremo all’opera dal 3 al 13 ottobre prossimi.
Io penso che, dopo un paio di giorni passati in bella mostra sul ponte sole, la cavia si scoccerà di essere guardata da passanti e gabbiani come se fosse una scimmia dello zoo e andrà a rifugiarsi sotto coperta, dove finirà per avere un attacco di claustrofobia. Insomma, l’idea che ci possano essere imminenti migrazioni di lavoratori agili che lasciano le loro città, le loro comode case e i loro affetti per andarsene a lavorare in solitario chiusi in cabine, cellette o monolocali, mi perplime assai. Specie in periodo autunnale e invernale, quando l’umida prosa dei reumi vincerebbe l’effimera poesia del fascino marino. Credo che dopo la prima ondata alimentata dalla curiosità, il fenomeno si sgonfierà come un soufflé tirato via dal forno troppo presto. Per me il mare resta luogo più adatto ai vacanzieri che ai lavoratori. Ad esempio, la Compagnia Costa avrebbe potuto meglio utilizzare le due gemelle ormeggiate a Punta Riso organizzando uno di quegli hotel galleggianti che vanno forte all’estero.
Tornando all’idea del turismo «stanziale», ritengo che il nostro porto, con tutto il presepe che gli fa da contorno, sarebbe invece uno scenario formidabile per un’altra categoria di lavoratori, quella che praticano un lavoro niente affatto agile, ma anzi ponderoso: il lavoro intellettuale creativo. E allora, propongo alla brava Emma Taveri di lanciare l’hasthag #Guarda il mare, respira, ispirati e componi! A Brindisi confluirebbero poeti, saggisti, pittori, scultori, musicisti … La nostra città diverrebbe davvero Capitale della Cultura, e «per chiara fama», senza bisogno di raccogliere voti di giurie. Già fingo, leopardianamente, di intravedere, chiuso nella casetta di Biancaneve dell’ei fu parco giochi Casale, l’Aldo Busi da Montichiari lavorare al suo nuovo romanzo hard «El specialista de Brindisi». E vedo anche il Maestro Giovanni Allievi comporre al piano la sua preziosa musica da jingle, recluso nella vecchia casetta di «Mari Misti», in via dell’Idroscalo. E che ne dite, infine, di un Vittorio Sgarbi che, novello stilita, in piedi sul celebre (falso) capitello, conciona sulla indiscussa grecità di quella colonna che tutti credono romana? Allora coraggio, diamoci da fare, il rilancio di Brindisi passa per questa strada!
Gabriele D’Amelj Melodia (Rubrica CULTURA – Agenda Brindisi – 18 settembre 2020)
Com’è bello star sulla navicella …
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