Lo scandalo caporalato di Manfredonia, con il blitz dei carabinieri in diverse aziende del Foggiano ed i 16 indagati, alcuni dei quali «eccellenti», riaccende i riflettori sul triste fenomeno dello sfruttamento dei braccianti e dell’intermediazione della manodopera. Un problema mai debellato, ma che resta purtroppo sempre ai margini delle agende, nella lista delle «cose da fare». Lo squallore che emerge sin dalle prime battute di questa nuova inchiesta della Procura dauna lascia sconcertati, ma induce alla riflessione e soprattutto all’azione se si vuole davvero contrastare il caporalato, perché gli strumenti ci sono. La piaga del caporalato non è localizzata solo nel Foggiano, lo sappiamo bene noi della Flai Cgil, quindi nemmeno nel Brindisino si può «dormire sonni tranquilli», non solo per quanto ci insegna la storia passata, ma per quanto ancora oggi continua ad accadere. I tratti drammatici di questa inchiesta raccontano che ci sono braccianti sfruttati e pagati 5 euro a cassone di pomodori e costretti a lavorare dal mattino alla sera a fronte di giri d’affari per 5 milioni di euro; ci raccontano di congiunti di alti rappresentanti istituzionali coinvolti nelle indagini. La magistratura farà luce su questa triste vicenda. Una delle tante che si consumano all’ombra dei riflettori, con i caporali che si adeguano sempre più ai tempi e si organizzano passando dal trasporto dei braccianti col furgoncino a quello con i bus. La situazione è intollerabile, a Foggia, come a Brindisi come in quei territori a vocazione agricola, del Mezzogiorno in particolare, dove i diritti vengono negati, annullati, calpestati. Ed è intollerabile anche il fatto che ci si occupi di queste vicende solo quando sono la Magistratura e le forze dell’ordine a suonare l’allarme, perché i fatti si sono già compiuti, la dignità delle lavoratrici e dei lavoratori sono già stati mortificati e vilipesi. Ed è intollerabile che si faccia poco o niente per prevenire che tutto ciò continui ad accadere nel 2021 così come accadeva nel secolo scorso. Perché saranno cambiati gli strumenti con cui il caporalato continua a prosperare, ma non la sua sostanza e la sua natura che trova nutrimento nel sangue, nel sudore e nella fatica dei braccianti alla stregua di un parassita. Eppure un valido strumento per «prevenire», prima di «curare» esiste. Il problema, tanto per cambiare, è che pur essendo a disposizione, non viene utilizzato. Resta ancora sulla carta, nell’agenda delle «cose da fare». Parliamo dell’applicazione concreta della legge 199/2016 per il contrasto al lavoro nero, allo sfruttamento del lavoro in agricoltura e per il riallineamento retributivo nel settore agricolo.
A Brindisi come a Foggia siamo stati antesignani di questa battaglia di civiltà. Nel giugno del 2019 Brindisi e Foggia sono state le prime province in Italia ad aver istituito la «Sezione territoriale della Rete del lavoro agricolo di qualità». Un lavoro corale del sindacato confederale svolto in sinergia con i rappresentanti datoriali e delle istituzioni. Si stava scrivendo una pagina nuova nella lotta al caporalato, combattendolo proprio sul campo per togliere la linfa attraverso cui si alimenta e prospera agendo principalmente sulla trasparenza sul mercato del lavoro agricolo, il monitoraggio dei rapporti di lavoro, delle retribuzioni e delle contribuzioni e sul fronte dei trasporti. Ma questo processo, sebbene ormai in dirittura d’arrivo – dopo le importanti riunioni svolte in Prefettura – è rimasto sospeso. Come parti sociali attendiamo ancora la riconvocazione dell’Inps, coordinatore della Rete, soggetto fondamentale per tradurre in realtà la normativa. I suoi compiti sono importantissimi avendo la possibilità di monitorare costantemente l’andamento del mercato del lavoro agricolo e permettendo la creazione di una filiera produttiva ispirata al rispetto delle normative di settore. La «Sezione territoriale della Rete del lavoro agricolo di qualità» ha una serie di compiti, tra cui quello di promuovere modalità di intermediazione fra domanda e offerta di lavoro nel settore agricolo e la realizzazione di funzionali ed efficienti forme di organizzazione del trasporto dei lavoratori. Inoltre consente alle imprese incluse nella rete territoriale di attivare un percorso di collaborazione fattiva con tutti gli istituti preposti alle verifiche ed ai controlli in materia. Tutto ciò in stretto raccordo con la Prefettura». Anche sul fronte del trasporto dei braccianti – che incide sia sulla questione della sicurezza degli spostamenti dei lavoratori agricoli, sia sulle loro basse retribuzioni – eravamo sulla buona strada ed avevamo incontrato la disponibilità della Società trasporti pubblici di istituire dei collegamenti ad hoc per i braccianti. Questo processo tuttavia si è fermato in attesa della convocazione della «cabina di regia» da parte dell’Inps. Le ultime vicende di Foggia ci dicono inequivocabilmente che è ora di passare dalle parole ai fatti: chiediamo con urgenza che si sblocchi questa impasse. Chiediamo che si arrivi pronti per la «prossima stagione» in agricoltura, per non rivedere più «film già visti» per troppo tempo. Combattere il caporalato non solo sulla carta è un dovere di tutti noi. A questa guerra di civiltà la Flai Cgil di Brindisi è pronta da sempre, noi ci siamo.
Cosimo Della Porta – Segretario Generale Flai-Cgil Brindisi