Che Italia sarà lo scopriremo da domenica notte, ancor meglio nei giorni a seguire, quando saranno più chiare le percentuali, con il numero dei collegi vincenti e i rispettivi seggi assegnati. Intanto sono diversi i fattori che rendono difficilmente decifrabile l’esito di questa tornata elettorale, arrivata in anticipo di alcuni mesi rispetto alla chiusura ordinaria della legislatura. Una tornata anomala, che per la prima volta si tiene in questo periodo dell’anno, e in cui peserà una legge elettorale particolare in cui due terzi della grande assemblea parlamentare sarà indicato attraverso un sistema proporzionale, mentre un terzo sarà frutto dell’esito del maggioritario.
A completare il quadro vi sono gli effetti della riforma costituzionale per la diminuzione del numero di parlamentari, che porteranno il numero totale di onorevoli da 945 (630 per la Camera dei Deputati e 315 per il Senato della Repubblica) a 600. Di questi, 400 popoleranno i banchi di Montecitorio e 200 siederanno sugli scranni di Palazzo Madama. La diminuzione del numero di parlamentari in Puglia comporterà una riduzione significativa dei rappresentanti eletti sul territorio. Saranno difatti 22 gli onorevoli in meno provenienti dal Tacco d’Italia. Alla Camera eleggeremo 27 Deputati, invece che i «vecchi» 42, mentre al Senato si passerà dai precedenti 20 ai 13 di questa tornata. Ecco, dunque, le prime incognite, dovute a un cambio – se vogliamo – tecnico, una rivisitazione delle regole del gioco, che ridisegnerà la mappa della rappresentanza regionale.
Segnate le regole, ora il tema è quello delle squadre in campo. Che ci potrà essere una virata a destra sembra abbastanza probabile. Quanta forza avrà quest’onda conservatrice e quale risposta arriverà dai singoli territori è invece tutto da capire. La Puglia rappresenterà ancora una volta un interessante caso di studio, come accade ormai da molti anni. Numerose sono anche qui le variabili politiche: la Regione è amministrata dal centrosinistra, seppur con un presidente dall’animo chiaramente più civico che partitico, e che negli ultimi anni ha strizzato spesso l’occhio ai Cinque Stelle e alla società civile. Il PD può rivendicare una buona rappresentanza sui territori, nonché il Sindaco più amato d’Italia, stando alle ultime classifiche che vedono il primo cittadino barese Decaro tra i più apprezzati del Paese. Restando in tema di Presidenti, invece, il centrodestra, e in particolare il Partito di Giorgia Meloni, possono contare sull’esperienza di un ex Governatore regionale e attuale europarlamentare come Raffaele Fitto. E sarà interessante, anche in questo caso, capire che peso avrà la candidatura nel «suo» Salento. Ma la Puglia è anche la regione d’origine dell’ex Premier Giuseppe Conte, che mira a un risultato rilevante per il Movimento.
Insomma, i motivi per seguire con interesse le sfide sul territorio regionale non mancano affatto. Ma non si tratta solamente di nomi. Certamente con una legge elettorale che ripropone in parte i «faccia a faccia» degli Uninominali sarà interessante seguire le battaglie dei Collegi, almeno una ventina dei quali vengono dati per «contendibili». E cioè senza un esito ancora scontato. Ma ancora una volta a far breccia sugli elettori saranno le proposte dei Partiti. Proposte e temi che spesso si traducono in aspetti concreti della vita reale: dalle spese delle famiglie ai costi delle bollette, dalle pensioni alle diverse proposte in tema energetico, sociale, ambientale. Quali aspetti peseranno di più? Il tema della Flat Tax farà breccia più o meno di quello del salario minimo obbligatorio? Indubbiamente vi è un «fattore Reddito di Cittadinanza»: che peso avrà la misura in termini elettorali? Porterà i percettori a sostenere i partiti che l’hanno realizzato e che oggi lo difendono? E al contrario, chi promette di eliminarlo sarà punito o sostenuto dagli elettori? Insomma, le variabili, anche in questo caso, non mancano. E forse la più grande sarà quella legata al numero di elettori che si recheranno davvero alle urne. Il grande Partito del non voto rischia di raccogliere sempre più consensi. In molti lo quotano addirittura oltre il 40%, un dato che rischia di essere il più alto di sempre. Ma per tanti italiani che non sanno ancora se si recheranno alle urne ce ne sono altri che pur volendo rischiano di non poterlo fare. È il caso dei numerosissimi fuorisede: studenti e lavoratori che non riusciranno a raggiungere i loro territori di residenza e ai quali non è permesso votare nella città del domicilio. Quasi cinque milioni di cittadini, una intera regione che mancherà all’appello. Un vero peccato.
Andrea Lezzi (Rubrica «Brindisi vista da Roma» – Agenda Brindisi 23 settembre 2022)