Tra le tante visite legate alla campagna elettorale, a destare più interesse – e fare più rumore – è stata certamente quella di Giuseppe Conte. Sia perché «l’avvocato del popolo» è un big della politica nazionale, almeno di quella recente, sia perché gode ancora di grande sostegno nella sua Puglia.
L’ex Premier martedì 14 è intervenuto in Piazza Raffaello, nel quartiere Sant’Elia di Brindisi, facendo poi un breve tour cittadino, con tanto di foto ricordo sulla scalinata delle Colonne Romane.
C’è un aspetto in particolare che ha enormemente caratterizzato questa iniziativa ed è la scelta della location. In tantissimi, sui social e sui giornali, hanno evidenziato come fosse inusuale l’idea di ritrovarsi per un incontro pubblico in un quartiere tanto periferico. Nessun palchetto in piazza Vittoria, dunque, nessuna folla a Piazza Cairoli, ma un grande evento in uno dei quartieri più popolari.
La prima analisi è questa, dunque. Un’analisi che personalmente trovo abbastanza fuori luogo, anzi decisamente classista. Ben vengano le manifestazioni e gli incontri fuori dal centro, certo, magari non sempre e solo in occasione delle campagne elettorali. Ma superare la cinta muraria per incontrare potenziali elettori rappresenta di per sé una scelta audace. E va detto che a Sant’Elia – almeno riguardo i big nazionali – non si era visto mai nessuno.
Un’altra polemica, invece, è legata all’orario scelto per l’incontro: in piena mattinata, quando chi lavora difficilmente può permettersi di partecipare. C’è da dire che situazioni come queste sono molto comuni in campagna elettorale, quando capita che leader politici attraversino una regione intera in poche ore. È dunque fisiologico, in alcuni casi, trovarsi da una parte all’altra del territorio in diversi momenti della giornata. Questi due elementi – luogo e orario – sommati assieme, hanno portato a un’altra deduzione, errata o meno è da valutare. E cioè che si sceglie di andare in un quartiere di periferia, dove poter trovare tanti percettori del Reddito di Cittadinanza – cavallo di battaglia del Movimento – e farlo in un orario che garantisce comunque una piazza piena. E questo grazie alla presenza di tanta gente che può esser lì semplicemente perché non lavora.
È evidente che non è proprio così, o quantomeno che non tutti i presenti rispondessero a questo identikit. Eppure, questo ragionamento, che appare sicuramente un po’ contorto, ha un fondo di verità. Perché è normale che ogni leader – e il suo staff di comunicatori e consiglieri – scelga dove e quando andare anche rispetto al tipo di elettore che vuole agganciare e conquistare. Nessuno lo dirà mai apertamente ma è così.
D’altronde, proprio in questi giorni, in una piazza del centro, un noto partito di centrodestra aprirà la propria manifestazione con l’esibizione di una delle protagoniste della musica italiana anni Sessanta. E questo perché, probabilmente, immagina di consolidare il proprio target con quel tipo di «prodotto».
O come non citare quello che è avvenuto negli anni in tanti capoluoghi, dove il centrosinistra – ribattezzato non a caso Partito della ZTL – è stato accusato di essere troppo poco presente nelle piazze di periferia e troppo a suo agio nei salotti buoni del centro. Insomma, partito che vai elettori – e polemiche – che trovi.
Tuttavia questo caso specifico merita un’ultima chiosa. Il RdC, in un Paese come il nostro, si è rivelato comunque uno strumento necessario, utile a sostenere intere fasce di popolazione in difficoltà, ancor più nei due anni della Pandemia.
Ma la verità – ed è questo che si dovrebbe davvero sottolineare – è che non ha mai svolto appieno il suo vero compito, ovvero la promozione di politiche attive del lavoro. Se dunque – furbetti a parte – dal punto di vista del contrasto alla povertà sembra dare un apporto significativo, riguardo l’impulso di nuovi contratti di lavoro risulta abbastanza inadeguato. Quest’estate l’INPS, nella relazione annuale del Presidente, ha ricordato che nei primi 36 mesi di applicazione (aprile 2019-aprile 2022) il RdC ha raggiunto 2,2 milioni di nuclei familiari per 4,8 milioni di persone, per un costo totale di quasi 23 miliardi di euro. Ma su 2.048.394 persone beneficiarie per almeno 11 mensilità, oltre l’80% è risultato non avere avuto alcuna posizione lavorativa nello stesso anno. Manca, dunque, tutta quella parte relativa al miglioramento dei centri dell’impiego – dove sono stati assunti 3.800 operatori su quasi 12.000 previsti – e all’inserimento concreto dei percettori nel mondo del lavoro, su cui doveva esserci anche un importante apporto da parte delle Regioni. Il vero dibattito, dunque, e le responsabilità politiche da richiamare, dovrebbero incentrarsi sui risultati specifici di questo strumento, che si è rivelato un intervento di solidarietà invece che una grande operazione di sostegno al lavoro. Demonizzare chi lo percepisce o sfottere chi sceglie di parlare in periferia non serve a nulla.
Andrea Lezzi (Rubrica BRINDISI VISTA DA ROMA – Agenda Brindisi 16 settembre 2022)
La visita di Conte e le «strategie» della campagna elettorale
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