Autore: IN EVIDENZA Rubriche Vista da Roma

Brindisi: pandemia, giovanissimi senza pallone e … futuro

Non è passata inosservata la notizia della partitella interrotta dalle forze dell’ordine in un campetto alla periferia cittadina – tra La Rosa e Sant’Elia – qualche giorno addietro. Ai tredici ragazzini impegnati nella gara – tutti giovanissimi – è stata comminata una sanzione amministrativa per aver violato le prescrizioni relative alla zona rossa. La notizia si è trasformata rapidamente in un vero e proprio caso mediatico, con centinaia di commenti e interazioni sulle pagine social di cronaca locale. La vicenda mi ha colpito parecchio, perché pur non trattandosi di un grande fatto di cronaca è riuscita a richiamare decine e decine di commentatori, quasi tutti orientati indistintamente a difendere i baby calciatori da lockdown.
L’episodio, dobbiamo dirlo, è di quelli incresciosi. Lo è perché in una situazione drammatica come quella che stiamo vivendo negli ospedali pugliesi non si può tollerare alcuno sgarro alle regole di distanziamento e di prevenzione che tutti dobbiamo rispettare. Tanto più se messe a rischio intenzionalmente attraverso un’attività – come quella sportiva di gruppo – che più di altre contribuisce con facilità alla propagazione del virus.
Fatta questa doverosa premessa però non possiamo ignorare il disagio vissuto dalla parte più giovane della popolazione, ancor più nelle città del Mezzogiorno, ancor più nelle periferie cittadine. Sono i meno contagiati, vero, ma i ragazzi – in questa pandemia – sono anche i più colpiti dal punto di vista sociale: senza prospettive, senza scuola e università, senza lavoro (da alcuni anni) e ora anche senza possibilità di uscire, socializzare, giocare. Col risultato di vederli perdersi ore sui social, alle consolle, in chat.
Episodi simili a quello di Brindisi, peraltro, si ripetono settimanalmente. È accaduto a Montecatini, in una piazza al centro. Le sirene a bordo campo, poi, sono arrivate anche in provincia di Salerno, dove i Carabinieri hanno interrotto un match con ventidue giocatori, tutti giovanissimi che avevano scavalcato i cancelli dello stadio comunale.
Come raccontato dal settimanale «Internazionale», i dati raccolti dalla fondazione Mondino riassumono bene la situazione degli adolescenti in questo periodo: nel 2020 il 79% dei giovani interpellati, con un’età media di 16 anni, denunciava sintomi di stress «sotto soglia» e il 54% di loro soffriva di stress post-traumatico. «Il malessere riscontrato nel primo lockdown ora sembra essersi trasformato in patologia» dicono gli esperti. E se a questa condizione sommiamo il disagio vissuto già a causa del contesto socioeconomico in cui molti ragazzi crescevano già da prima della pandemia, allora la situazione è drammaticamente chiara.
La soluzione, ovviamente, non è quella di infrangere le regole. Bambini, adolescenti, giovani studenti e lavoratori meriterebbero però un’altra prospettiva. La certezza, ad esempio, che una volta finita questa fase, nella ripartenza si possa puntare pienamente su di loro. Le nuove generazioni hanno il diritto di veder riconosciuto il proprio ruolo centrale per il prossimo futuro. Per questo, terminata la pandemia, devono essere protagoniste delle scelte di Governi e Istituzioni.
Gli strumenti europei, che non per niente all’estero chiamano «Next Generation», e le politiche nazionali sembrano andare in questa direzione. Alcune mosse come lo sblocco per i concorsi pubblici, soprattutto al Sud per tanti giovani laureati, così come i piani per le periferie e contro il disagio sociale, fanno moderatamente sperare in una ripartenza diversa, più attenta agli adulti di domani.
Andrea Lezzi (Rubrica BRINDISI VISTA DA ROMA – Agenda Brindisi 9 aprile 2021)

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