Autore: Allegro ma non troppo Rubriche

Auschwitz: frantumazione dei linguaggi

Dopo Auschwitz il linguaggio si frantumò.
L’incapacità di «spiegare» un evento così inspiegabile fece crollare l’idea di totalità che aveva caratterizzato pensatori precedenti. La modernità aveva fallito, non si era compiuta, così scriveva Lyotard, filosofo a cui è attribuita la nascita della post-modernità. Prima di lui Hegel teorizzava che «il reale è razionale, e il razionale è reale»: la realtà, la storia, il pensiero pur nella dialettica, trovano sempre una sintesi. In seguito, Adorno un esponente della scuola di Francoforte scriverà di Dialettica Negativa, una contraddizione tra realtà e teoria, ma anche questa contrapposizione poteva essere ricondotta a un discorso filosofico inglobante.
Dopo Auschwitz, secondo Lyotard, questo non fu più possibile. Non esisteva più un pensiero, solo un linguaggio che non poteva essere unificato, ma si frantumava e si disperdeva in tanti registri diversi. E al di «fuori» del linguaggio non c’era nulla, non esisteva contraddizione perché non esisteva un pensiero filosofico. Tanti linguaggi senza un «concetto». Anche il pronome «noi» per Lyotard non aveva più significato. Ad Auschwitz non esisteva un «noi», né tra carnefici e vittime, ma nemmeno tra le stesse vittime. Il nazismo aveva provocato una disgregazione delle coscienze, per il filosofo francese espressa in una frantumazione del linguaggio che non trovava più integrazione. Nei giorni scorsi il Senato della Repubblica ha offerto uno spettacolo allo stesso tempo esemplare e avvilente. Esemplare nell’azione di una signora, Liliana Segre, che sopravvissuta ai treni di deportazione, prende un treno per compiere il suo dovere di senatrice. Si mette in viaggio, nuovamente, a 90 anni, dopo aver visto i campi di sterminio, per salvare un governo attaccato da guitti in crisi di protagonismo. Quello in carica non è un governo ideale, per affrontare la più grande pandemia del secolo ci ha prostrato, psicologicamente ed economicamente con provvedimenti irrazionali e senza una visione. La sua genesi e la sua composizione ricordano le coperte patchwork fatte di tanti quadrati diversi e colorati, ma che tuttavia, adempiono il loro compito: tenere caldo. Farlo cadere ora, infatti, in piena crisi economica e sociale, con i cittadini incattiviti dai lock down a singhiozzo e dalla stagnazione economica, avrebbe significato spianare la strada ai sovranisti di turno, fortificati dal malcontento della gente. Gli stessi sovranisti che nel commentare la fiducia conquistata da Conte, grazie anche al voto della signora Segre, hanno pensato bene di offendere ancora una volta la memoria dell’Olocausto. Nel suo linguaggio unico, espressione a sua volta, di un monotematico pensiero unico, un avvilente Salvini ha riportato una frase di Beppe Grillo sui senatori a vita che «muoiono troppo tardi» Quindi teniamoci caldi ancora un po’ con la nostra coperta patchwork, l’inverno passerà … e auguriamo, nella giornata della Memoria, lunga vita ai Senatori a vita.
Valeria Giannone (Agenda Brindisi – 22 gennaio 2021)

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