Il silenzio è ciò che non si ode. Il silenzio ascolta, esamina, osserva, pesa e analizza.
Il silenzio è fecondo. Cadono su di esso le parole. Tutte le parole, le buone e le cattive. Il grano e il loglio. Ma solo il grano dà pane.
(J. Saramago)
Nella scorsa rubrica vi ho parlato dell’oceano di parole che circonda la nostra vita. Oggi vorrei affrontarne l’interfaccia speculare, il mare del silenzio. L’assenza di parole, di suoni e di rumori è più rara che un tempo, perciò più preziosa. Per goderne bisogna ricercarla nei luoghi dello spirito e nei tempi rarefatti della notte piena e dell’alba, o in qualche scampolo di controra che sfugge al dominio dei suoni. Se la parola è chiave, il silenzio è grimaldello, mistero, incanto, infinità, sacralità, raccoglimento, spesso solitudine, interiorità, meditazione. Leopardi scrive di «sovrumani» silenzi e, in maniera subliminale, intende «divini». Il silenzio è d’oro e può essere eloquente, ma mai assordante. Questo ossimoro ha avuto fortuna immeritata solo perché di grande effetto contrastivo. Il silenzio però non è sempre e comunque opposto alla parola. Molte volte può essere complementare ad essa. Il tacere non è privazione dell’espressione verbale, è anche esercizio attivo di comunicazione. Va visto, insomma, come fenomeno culturale, come risposta a processi sociali, artistici, poetici e filosofici. L’ascolto ha sempre una funzione di silenzio «interattivo». Che si tratti di una lezione, di una conferenza o di un rito religioso, ci sono sempre soggetti che devono temporaneamente tacere. E’ chiaro che siamo di fronte ad un silenzio positivo e consenziente, come quello che si forma in una bolla di tutela, quando siamo in biblioteca ad esaminare un testo, quando siamo nel nostro studio a gustare un buon libro, magari protetti da cuffie salvifiche, o quando cadiamo in estasi di fronte alle tele esposte in un museo. E come non accennare al profondo significato del silenzio in musica? Elemento basilare, considerato che gli spartiti indicano con precisione i tempi-ritmi e l’alternanza tra i pieni (note) e i vuoti (pause). Anche il silenzio è musica, come ci ha insegnato Schopenhauer e John Cage. Ed ora qualche riflessione finale sui miti e sulle metafore che si sono formate da millenni intorno al concetto di silenzio. Nel mito egizio e poi greco , Arpocrate è il dio del silenzio, Narciso viene invece venerato come eroe del silenzio. Angerona era la divinità romana protettrice dei piaceri degli amori segreti, mentre Muta, a cui Padre Giove aveva tagliato la lingua di pettegolona era la dea del silenzio. I sottili latini distinguevano il tacere, che è proprio della parola, dal silere, che è il tacere della natura e delle cose. Le parole «ir-rompono», mentre il silenzio «si rompe», come se fosse di pietra o di ghiaccio (voce silentia rumpunt, Ovidio, Metamorfosi). E qui infin io taccio … (e non «mi taccio», come sogliono dire i politici in tv).
Gabriele D’Amelj Melodia (Rubrica CULTURA – Agenda Brindisi 3 luglio 2020)