Allestita nelle sale del Castello Dentice di Frasso di Carovigno, preferito a Palazzo Granafei-Nervegna di Brindisi, alla cui Amministrazione comunale era stata inizialmente proposta (sarebbe interessante conoscere le ragioni del cambio di scelta), la mostra «9×100=’900. 9 itinerari x 100 architetture del ‘900 in Basilicata e Puglia» è uno degli eventi culturali più importanti di questa stagione nella nostra regione.
L’allestimento carovignese è la quarta tappa di questa interessantissima esposizione itinerante partita da Matera nell’ambito degli eventi di Matera Capitale Europea della Cultura 2019, poi approdata a Bari (Spazio Murat) e Lecce (Museo Provinciale «Castromediano»).
Il suo elevato valore storico-scientifico scaturisce da un meticoloso lavoro di catalogazione del patrimonio architettonico appulo-lucano del ‘900 svolto da Do.co. mo.mo, Associazione italiana per la documentazione e la conservazione degli edifici e dei complessi urbani moderni, coordinato da Mauro Sàito e Antonello Pagliuca, entrambi anche curatori della mostra e del catalogo per i tipi di Gangemi.
Le cento opere in mostra sono il frutto di una selezione operata da un comitato scientifico composto, tra gli altri, da William J. Curtis, Federico Bucci, Franco Purini, Clementina Barucci, Mauro Scionti e Amerigo Restucci (autore del saggio introduttivo in catalogo). Tra queste figurano alcuni importanti edifici presenti a Brindisi: Capannone ex Montecatini (Franco Simoncini, 1930), Monumento al Marinaio d’Italia (Luigi Brunati e Amerigo Bartoli, 1932), Collegio Navale «Niccolò Tommaseo» (Gaetano Minnucci, 1934), Foresteria, mensa e uffici Montedison (Ezio Sgrelli, 1959).
Una selezione rigorosa che ha visto illustri esclusioni: per restare a Brindisi, la Stazione marittima (1936) di Gaetano Rapisardi, o la Caserma dei Carabinieri progettata da Carlo Vannoni nel 1934, due tra le principali opere del regime, ma anche più tarde architetture civili quali il Palazzo di Giustizia di Sergio Lenci e Carlo Aymonino (entrambi autori anche del Piano Regolatore del 1957, Aymonino a sua volta coprogettista del Quartiere Ina Casa e dell’Istituto Tecnico Industriale «Giorgi», realizzati a cavallo degli anni ’50-‘60), o il Teatro Comunale «Giuseppe Verdi» di Enrico Nespega (1964), cui verrà affidata anche la progettazione della Biblioteca Provinciale inaugurata nel 1985, o ancora gli alloggi popolari del quartiere CEP Paradiso progettati da Mario De Renzi nel 1957.
Realizzata in collaborazione con altre istituzioni tra cui l’Archivio di Stato di Brindisi e Italia Nostra, la mostra è una rassegna ragionata delle maggiori emergenze dell’architettura civile e sacra del secolo scorso e ha il merito di documentare e porre in rilievo la presenza in Puglia e Basilicata dei più grandi progettisti italiani, evidenziando peraltro la rilevanza storica del loro contributo, e sul piano urbanistico e su quello squisitamente estetico-funzionale: gli stessi Aymonino e De Renzi, Saverio Dioguardi, Marcello Piacentini, Ludovico Quaroni, Giuseppe Samonà, Studio BBPR, Pier Luigi Nervi, Michele De Lucchi, Gio Ponti, Renzo Piano, Aldo Rossi.
Il percorso espositivo si apre con una serie di «capricci» realizzati con stampante 3D su idee di altrettanti architetti ispirati a esempi della storia dell’architettura.
La storia dell’architettura appulo-lucana del ‘900, nelle sue declinazioni spesso innovative quando non organiche al linguaggio e alla temperie del momento (o del Ventennio), si dischiude nelle sale del castello di Carovigno proponendo una riflessione sull’evoluzione della città e del territorio extra-moenia in chiave di visione prospettica (leggi: pianificazione) anche in relazione allo sviluppo demografico (leggi: carico antropico), muovendo dal tentativo – perfettamente riuscito nei casi in mostra – di armonizzare l’edificio, la sua funzione e la sua cifra estetica con il contesto ambientale.
Cento pannelli illustrativi relativi ad altrettante schede conducono il visitatore lungo nove itinerari affrancati da costrizioni cronologiche, ma articolati per tematica e tipologia progettuale. Nove percorsi attraverso cui cogliere l’essenza di idee progettuali e manufatti che, come si legge in una nota introduttiva alla tappa materana dello scorso anno, «uniscono realismo e visione, pragmatismo e sperimentazione, capacità di confrontarsi con la tradizione ma anche una forte spinta verso il futuro del ‘900 nel Sud Italia».
La valenza scientifica della mostra è stata inoltre corroborata dal convegno inaugurale sul tema dell’architettura moderna nelle sue molteplici declinazioni, dalla tutela e valorizzazione al taglio storico, dalla pianificazione territoriale all’approccio sociologico.
Convegno di studi e mostra, dunque, iniziativa integrata e di spessore, opportunità di avvicinarsi alle bellezze architettoniche della nostra terra in modo consapevole e arricchente. Un’occasione, per una pubblica amministrazione, per riscattarsi da eventi espositivi – salvo lodevoli eccezioni – fini a se stessi, privi di solidi criteri storico-filologici, pot pourri offerti a buon mercato da collezionisti amici, personali-panettone sotto Natale, fenomeni di «mostrificazione» e banalizzazione della bellezza.
Dimostrazione che indirizzare con efficacia le politiche culturali di una comunità, farsi carico del suo portato culturale, tutelarlo, contestualizzarlo, promuoverlo, è altro, è materia complessa, ma è cosa possibile. Sommessamente consigliata la lettura del decalogo di Tomaso Montanari (se il libro pesa, c’è Google).
Domenico Saponaro
Aperta tutti i giorni escluso il lunedì h.9,30-13,00 / 15,30 -19,30 fino al 18 ottobre 2020.