Durante la piena di questa seconda ondata di pandemia, annunciata ma non arginata con azioni preventive come ogni buon senso avrebbe suggerito, molti sono stati i casi commoventi di decessi da coronavirus.
Nella selva di notizie sulle fibrillazioni governative, sulle polemiche intorno al nuovo vaccino e sulle grottesche vicende calabresi, sono spuntate storie molto tristi. Mentre la canea «No mask» e «No vax» continuava nel proprio osceno spettacolo di negazionismo sordocieco, la Spoon River italica incrementava la sua lista nera di «trapassati per febbre», ora dormienti il sonno eterno, in pianura e in collina. A dispetto della distrazione e dei piccoli miseri egoismi (Ma potremo fare lo shopping di Natale? E il cenone di Capodanno?), molta gente ha continuato a scomparire: medici, infermieri, operatori del 118, qualche giovane, molti anziani e moltissimi vecchi. Parecchi di loro non avevano neppure altre gravi patologie concomitanti.
Recentemente, mi hanno molto colpito le storie pietose di vecchi coniugi che se ne sono andati quasi insieme, e in punta di piedi. Al Policlinico di Bari è scomparsa, a pochi giorni uno dall’altra, una coppia di Bitonto, lui di 71 anni e lei di 63. Al San Gerardo di Monza sono deceduti nella stessa giornata Vincenzo e Olga, insieme nello spirito e nella sofferenza, dopo sessantatré anni di matrimonio. «Ho sceso, dandoti il / braccio, almeno un milione di scale / ed ora che non ci sei è il / vuoto ad ogni gradino» cantava Eugenio Montale in morte della sua piccola «Mosca». Una coppia ultranovantenne di Cannole che viveva in una Rsa di Soleto, si è spenta quasi all’unisono, dopo settant’anni di vita trascorsa insieme. Si chiamavano Giuseppe e Abbondanza, ma avrebbero potuto chiamarsi Filemone e Bauci. «E il figlio di Saturno con solenne voce disse: ‘Dite, o pio vecchio, e tu donna meritevole di questo pio marito, cosa desiderate» … «Poiché abbiamo vissuto anni concordi, che l’ultima ora ci rapisca insieme». Vota fides sequitur. (Ovidio, Metamorfosi, VIII, 700 e segg.). Nessun sentimentalismo dolciastro, nessuna concessione ad oleografici quadretti d’antan. Alcuni valori della vita restano radicati nel nostro animo, sconfiggendo ogni tentativo di svilimento riveniente dal degrado dei costumi e dall’attenuazione della sensibilità etica. La «philia» della coppia immortalata da Ovidio è anche quella di Cicero e Terentia o di Federico e Giulietta. Questi e altri principi universali ci insegnano i cosiddetti classici, libri che, pur parlandoci di avvenimenti remoti, in realtà ci sono vicinissimi, in quanto dipanano trame di emozioni e sentimenti che abitano da sempre i cuori e le menti degli uomini, sollecitando un vivo confronto tra lontananza ed attualità. I classici attraversano i secoli per fare luce dentro di noi, per aiutarci a capire chi siamo e da dove veniamo …
Gabriele D’Amelj Melodia (Rubrica CULTURA – Agenda Brindisi 27 novembre 2020)
Amore fino all’ultimo respiro
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