In attesa di notizie certe, riguardanti l’assetto societario della SSD Brindisi FC, continuiamo l’amarcord sui giocatori che hanno contribuito a fare la storia del calcio biancoazzurro. Abbiamo intervistato l’autore della doppietta grazie alla quale, insieme al goal di Cremaschi, il Brindisi conquistò la storica vittoria (3-0) alla vigilia di Natale del 1972 contro il Genoa, ossia Mario Tomy.
Cominciamo subito con una precisazione: «Mi chiamo Tomì, con l’accento sulla (i) e non Tomy. Il mio cognome ha origini francesi. L’errore risale a quando da ragazzino, ai tempi in cui giocavo nel Mantova, mi sbagliarono il passaporto».
Chiarito l’arcano, può raccontarci i suoi esordi e la sua carriera calcistica?
Da ragazzino dormivo con il pallone per cuscino. Ho esordito a 16 anni nel Thiene (Vi), paese di nascita. Non potrò mai dimenticare, come non si dimentica il primo amore, il mio primo goal in Serie D, grazie al quale abbiamo vinto la partita. A 17 anni mi tesserò il Mantova di Fabbri, fresco di serie A. L’anno successivo passai alla Reggiana in serie C. Con la Reggiana vinsi il campionato. A fine stagione mi rivolle il Mantova. Il portiere era un «certo» Dino Zoff, con cui condividevo la stanza, prima che passasse al Napoli. In seguito venni acquistato dal Legnano dove, in due stagioni di serie C, totalizzai 67 presenze e 26 reti. Nel 1968 passai all’Alessandria dove, sempre in Serie C, collezionai 28 presenze e 10 reti. Nella stagione successiva, dopo aver segnato tanti gol, la Lazio, per avermi, pagò 200 milioni di lire all’Alessandria, più quattro giocatori. Quella esperienza in serie A con la Lazio, durò il tempo di 4 partite, per poi tornare in prestito all’Alessandria in serie C, dove realizzai 2 reti in 7 partite. Nel giugno 1969 a Roma arrivarono Wilson e Chinaglia. La Lazio mi riprese dal prestito a novembre. Tornato alla Lazio, giocai 9 partite e realizzai una rete. Quello era il periodo in cui alla Lazio vigeva l’anarchia, con una lobby interna che non dava spazio ai nuovi arrivi, ancora di più, se bravi. Riuscii a giocare con la Lazio, due partite in Coppa delle Alpi poi vinta.
Quali erano le sue caratteristiche e come viveva il pre gara?
Ero una seconda punta, un giocatore completo. Soffrivo molto il pre gara. Il giovedì già cominciavo a non dormire, per questo mi imbottivano di ansiolitici e un tranquillante per giocare. Allora non si dava peso a queste situazioni . Questo problema, ha condizionato tutta la mia carriera.
A quale giocatore si ispirava?
Al grande Omar Sivori.
Quale persona ha avuto maggiore influenza sulla sua carriera?
Deve sapere che ho perso mio padre per un incidente stradale, quando avevo appena 4 anni e grazie al calcio ho conosciuto due persone splendide, che mi hanno molto aiutato a crescere: Giancarlo Cadè (allenatore di calcio e di vita) e Gustavo Giagnoni (grande uomo). Con loro vicino, a 18 anni, ho esordito in serie A, con il Mantova contro il Torino (1-1).
Prima di arrivare al Brindisi nel 1971, aveva avuto più occasioni di giocare in serie A, l’ultima con la Lazio per poi ritornare puntualmente in squadre che giocavano in serie C, Come se lo spiega?
Non me lo spiego. E’ stata una costante. Ogni qualvolta riuscivo ad arrivare in serie A, l’anno dopo, per svariati motivi, mi ritrovavo in serie C. Sono fatalista, anche se è stato frustante!
Chi la volle a Brindisi?
Vinicio e il commendatore Fanuzzi, ma a convincermi fu Comini, che mi decantò la città e l’ambiente.
Che ricordo ha di Brindisi? E mai più tornato?
Ho un bel ricordo della città e dei tifosi, molto calorosi. A Brindisi prima venivo spesso, ho ancora molti amici fraterni a San Vito dei Normanni, con i quali sono costantemente in contatto. Adesso con l’età che avanza e qualche acciacco, ho difficoltà a muovermi da Roma, dove vivo, ma ci tornerei volentieri.
Quale è la partita che ricorda con più piacere del suo periodo a Brindisi?
Quella col Genoa del 24/12/72; la fiaccolata sugli spalti; ancora oggi a pensarla mi vengono i brividi.
Con i suoi compagni dell’epoca è in contatto?
Si mi sento spesso telefonicamente, particolarmente con “Marione” Cantarelli , lui mi chiama “Marietto”, e con Comini. Tempo fa ho ricevuto una telefonata, che ho molto gradito: era Tonino La Palma, una telefonata piena di significati.
Ricorda qual è stato il goal più bello o quello che le ha dato maggiori soddisfazioni?
Pur essendo stato una mezza punta, di goal ne ho fatti veramente tanti, compreso uno nel derby contro la Roma, ma uno dei due realizzati in Brindisi – Genoa, per come è stato costruito e da didattica per i giovani: Diego Giannattasio fece un cross incredibile, che mi permise di fare un goal che rimarrà nella storia del calcio a Brindisi.
Dopo aver smesso di giocare, è rimasto nell’ambiente?
Non mi sono più dedicato al calcio. Anche se ho smesso nel 1974, per me tutto si e fermato a quel 24 12 1972, il mio dopo non è commentabile.
Segue le vicende del calcio brindisino?
Sì le seguo ma la nostra è una parentesi irripetibile. Quella è Storia.
A cosa si dedica adesso?
Sono un medico osteopata D.O., lavoro che svolgo con amore e tanta professionalità.
Sa che i tifosi la ricordano sempre?
Ho Brindisi nel cuore! I tifosi sanno bene che non mi dimentico di loro, perché hanno dimostrato di volermi bene. Auguro al popolo brindisino di rivivere le emozioni che dava quel Brindisi, ma la storia insegna che le catastrofi si ripetono, ma i miracoli …
Sergio Pizzi