«I problemi del Pnrr risalgono al 2020, quando furono individuati una serie di progetti slegati, non adeguatamente coerenti per rafforzare il potenziale di crescita dell’Italia. Da lì, a cascata, è diventato tutto più complicato. Tuttavia non si comprende come mai la Commissione europea scopra solo adesso che alcuni progetti non andrebbero bene. Adesso ci si deve concentrare sulla messa a terra delle opere immediatamente realizzabili, facendo slittare i progetti più complessi su altri canali di finanziamento. Confido nel fatto che i soldi saranno comunque spesi». Lo ha dichiarato a Wirtschaftswoche, settimanale economica numero uno in Germania, il presidente di Confindustria Brindisi, Gabriele Menotti Lippolis, all’interno di un articolo nel quale vengono esaminate le difficoltà riscontrate dall’Italia sui progetti del Pnrr. «Nell’intervista a Wirtschaftswoche ho voluto porre l’accento – spiega Menotti Lippolis – sui problemi che si sono registrati a monte e sulle soluzioni che si potrebbero percorrere a valle. Di certo, la fretta non ha consentito di selezionare adeguatamente i progetti (si ritrova davvero di tutto all’interno del Pnrr) e di perseguire pienamente la finalità della crescita del Paese. Ci sono inoltre intoppi procedurali da risolvere. Un esempio: la corsa dei prezzi ha gravato sul già poco fluido meccanismo della gestione dei flussi finanziari che alimentano gli investimenti del Pnrr. Le imprese aggiudicatrici, infatti, possono chiedere anticipi fino al 30% del valore dell’opera, ma gli acconti iniziali garantiti dal ministero dell’Economia ai soggetti attuatori sono in genere limitati al 10%. La differenza va quindi messa dall’ente appaltante, che però spesso non ha i soldi in cassa per anticipare la liquidità e quindi il meccanismo si inceppa. Detto ciò, adesso ci si deve concentrare sulla messa a terra delle opere immediatamente realizzabili.
Si potrebbe pensare ad un pacchetto tipo Industria 5.0, basato su crediti d’imposta, nel quale la stazione appaltante finale è l’industria privata. Si darebbe una spinta formidabile all’innovazione e alla transizione. Bisogna comunque riconoscere al Governo una grande serietà nell’affrontare questa difficile sfida. Una certificazione del buon lavoro svolto giunge anche dal presidente della Corte dei Conti Ue, che ha sottolineato come l’Italia se la stia cavando piuttosto bene rispetto agli altri paesi, nonostante abbia una mole di spesa e una pressione da gestire notevolmente superiori. E poiché come mondo imprenditoriale abbiamo spesso chiesto di intervenire sull’iter autorizzativo e procedurale, mi sento di fare un plauso al Governo per l’ennesimo correttivo introdotto in questo senso. Mi riferisco alla previsione contenuta nel decreto Pnrr-3 di un disincentivo ai ritardi dei Soprintendenti che, se non rilasceranno i pareri nei tempi previsti dalla disciplina del Pnrr, si vedranno sforbiciati i bonus. Bisogna cambiare la cultura dei burocrati. Più volte abbiamo detto che questo è il momento di rompere gli ormeggi: l’unica via per farlo è quella di semplificare e di rendere questo Paese normale. Per questo trovo positivo il fatto che si sia reso in qualche modo strutturale il modello Genova, applicandone la filosofia prima al Pnrr e adesso al Codice Salvini. Con questa raccolta organica di normative sugli appalti, il ministro delle Infrastrutture dà sostanza alla sua attività di sburocratizzazione e semplificazione. Ritengo a tal proposito particolarmente importante l’impulso alla digitalizzazione degli appalti fornito da questo codice. Credo che in questo senso, la strada intrapresa sia quella giusta. L’Italia, il Mezzogiorno e Brindisi hanno voglia di fare».