Autore: Attualità IN EVIDENZA

Appello del veterinario brindisino Bepi Di Giulio per il popolo Masai

Il dottor Bepi Di Giulio, brindisino doc, è un veterinario che lavora da 30 anni in Africa, in particolare in Tanzania, e nei paesi in via di sviluppo. Ieri ha inscenato una particolare protesta davanti a Palazzo di Città per rappresentare le proprie polemiche e disavventure (con il Parlamento italiano e due organizzazioni non governative) il dramma del popolo Masai che – come sostiene – rischia di scomparire per la morte di di centinaia di migliaia di bovini causata dalla Febbre della Costa Orientale (ECF), una malattia trasmessa dalle zecche che causa fino fino all’80% di mortalità, mentre il vaccino disponibile offre una protezione del 98%. Ma i bovini – si legge nel manifesto esposto da Di Giulio – sono morti di ECF perché il vaccino viene somministrato a metà dose, insufficiente per dare protezione. Di Giulio, che parla a nome del popolo Masai (un milione e duecentomila), lancia accuse molto dure ai responsabili di questi drammatici accadimenti e parla di «comportamenti immorali» da parte delle organizzazioni che forniscono il vaccino, che sarebbero a conoscenza dei criteri di utilizzazione e quindi delle conseguenze in termini di mortalità dei bovini.

Il dottor Di Giulio chiede attenzione a livello nazionale e mondiale per rappresentare questa situazione e ieri mattina ha avuto modo di parlarne col il sindaco di Brindisi Riccardo Rossi (foto). «Per favore, firmate il nostro appello su www.change.org/ILRI-GALVmed». E’ questo il messaggio del veterinario brindisino, che precisa che «in questo sito sono disponibili gli indirizzi email di chi ha il dovere morale e istituzionale di migliorare le nostre condizioni di vita e può forzare ILRI e GALVmed a fare quello che chiediamo da tempo. Per favore, scrivete a queste persone e continuate a farlo. Contattateci su maasai emergencyorg@gmail.com per avere maggiori informazioni e darci consigli su cos’altro fare per vincere questa battaglia che va – precisa Di Giulio – va avanti dal 2012. Usate i vostri social e conoscenze. È solo con il vostro supporto che sia noi che Beppe possiamo sperare di avere giustizia e un futuro».

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