Autore: Allegro ma non troppo IN EVIDENZA Rubriche

«Allegro ma non troppo»: la guerra del sesso forte

Potrebbe sembrare assurdo parlare dell’8 marzo mentre in un Paese a noi vicino ci sono donne che vivono nei bunker con il sibilo delle bombe sulle teste, che portano in salvo figli e qualche bene alimentare, lasciando gli uomini alla guerra e le case ai bombardamenti, che imbracciano un fucile per difendere la loro terra e se stesse. Ma nella ricerca di nesso, si scopre che parlarne tanto assurdo non è, non più di una minaccia nucleare e dello sterminio di civili, e che quel fil rouge lega donne e guerra in un abbraccio mortale.
Violenze, invasioni, uccisioni, sono espressioni di una prevaricatrice cultura del maschile che governa il mondo dalla notte dei tempi. È una guerra del testosterone, che nasce dall’atavica maschia necessità di imporre la propria forza dominatrice, la propria visione del mondo e la propria identità sessuale rendendo il genere maschile cultura universale.
La donna è definita come categoria, scriveva Simone de Beauvoir nel suo Il Secondo Sesso: il femminile concepito per differenza, come «altro». Dopo di lei verrà Monique Wittig, che va oltre. La teorica del femminismo sosterrà che la differenziazione maschio-femmina è un prodotto artificiale della società eterosessuale, è il dispositivo necessario per imporre l’assoggettamento.
I giornali hanno riportato la notizia dell’uccisione di un’altra donna per mano del suo ex fidanzato. Questi non tollerava che un essere umano, di sesso femminile, potesse uscire dalla sua sfera di influenza e rendersi autonomo scegliendo un altro uomo. Si chiamava Anna, la vittima, ma poteva chiamarsi Ucraina. Aveva scelto un nuovo compagno, che forse faceva Nato di nome. Alfredo Erra l’ha ammazzata e nel suo ultimo delirante post scrive «Non allungare mai il piede del percorso altrui perché porta conseguenze», lo stesso linguaggio di Vladimir Putin nella conferenza stampa che annunciava la guerra.
Terra di conquiste e donne hanno da sempre lo stesso ordine simbolico, le guerre si combattono prima sui territori e poi sui corpi femminili.
Non parliamo allora di giornata della donna, parliamo di uomini. Anzi di cultura patriarcale, che non connota necessariamente il genere perché esprime un pensiero totalitario, un assoggettamento di tutto ciò che è diverso da sé. È il maschio Putin che invade e vìola Ucraina e anche in questo caso, come in ogni femminicidio che si rispetti, la deprecabile azione maschile viene derubricata a reazione, conseguenza dolorosa ma in qualche modo provocata. È la guerra del sesso forte, che come nelle pratiche sociali del dominio, distrugge tutto ciò che ha intorno, anche gli stessi maschi. Una guerra che non ha vincitori, solo vinti.
Il sistema delle contrapposizioni annienta e cancella la complessità: se ieri erano pro e no-vax, oggi è Nato-Russia, e per dirla con la Wittig, da sempre è il binomio maschio-femmina che porta alla prevaricazione.
Se la cultura del maschile, potesse diluirsi nel variopinto mondo delle identità sessuali, se riuscissimo a liberarci della dominazione secolare del patriarcato, non avremmo più necessità di celebrare la donna. Gli uomini stessi potrebbero affrancarsi dai vincoli imposti dalla virilità e tutti noi vedremmo sventolare la bandiera colorata dell’universo lgbt che, guarda caso, ha i colori della pace.
Valeria Giannone

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