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Fondi e obiettivi del PNRR: la sfida che il Mezzogiorno non può fallire

Sono quasi ottanta i miliardi destinati dal Piano nazionale di ripresa e di resilienza alla cura del Mezzogiorno. Si tratta di circa il 40% dei 206 miliardi totali destinati alle opere «territorializzabili» del nostro Paese. Fondi prevalentemente dedicati ad azioni di rigenerazione urbana, di innovazione digitale e tecnologica.
Nel caso di Brindisi, ad esempio, parliamo del recupero e della riqualificazione dell’area di Levante, verso Porta Lecce, la chiesa del Cristo, fino ad arrivare all’ex Parco della Rimembranza. Un grande progetto di circa 15 milioni di euro per la costituzione di un polo universitario e la valorizzazione della zona, a partire dalle antiche mura di cinta. Si tratta, dunque, di interventi che dovrebbero avere l’ambizione di ridare al Sud quello slancio economico e sociale atteso da decenni, provando a colmare, finalmente, lo storico divario col Nord del Paese.
Di treni ne son passati fin troppi in questi anni, mezzo secolo di intervento pubblico straordinario che alla fine è parso complessivamente inadeguato alla grande sfida del rilancio meridionale. In questo scenario è innegabile la responsabilità di una certa classe politica, ma anche dirigente, che negli anni ha cannibalizzato buona parte dei progetti per fini di mero consenso territoriale, preferendo numerosi – e discutibili – interventi locali piuttosto che grandi progetti strategici per il Mezzogiorno.
L’opportunità che invece ha oggi il Sud Italia è quella di una nuova grande stagione di rinascita, sia per l’importanza dei singoli interventi, vincolati ai temi del futuro sostenibile, sia per l’aspetto economico, con enormi risorse che devono essere impegnate e spese tassativamente nei tempi e nei modi concordati con l’Europa.
Nel nostro caso la Puglia è la regione con il più alto numero di progetti approvati, ben 21 sul totale di 159 in tutta Italia, con un budget di circa 400 milioni di euro. Vi sono stati casi, invece, in cui si è rischiato di non accedere ai finanziamenti a causa di progetti incompleti o non in linea con i requisiti. È accaduto in Sicilia, con un’imbarazzante bocciatura di trentuno interventi proposti su trentuno da parte del Ministero dell’Agricoltura. Uno smacco su cui poi si è fortunatamente riusciti a intervenire, lavorando alla presentazione di nuovi piani condivisi col Governo, ma che ben rappresenta i rischi di questa partita.
In generale, come dimostra anche il caso siciliano, vi è un tema enorme di preparazione della classe dirigente nonché di carenza di personale tecnico, capace di gestire questa grande stagione di riforme e di progetti. L’Anci ha recentemente calcolato come siano quasi 15mila le risorse necessarie per i Comuni in questa fase, per riportare a livello adeguato il numero, i profili e la qualità dei dipendenti pubblici coinvolti nella grande sfida di questi anni.
Su Repubblica, giorni fa, il neo sindaco di Napoli Manfredi ha spiegato bene la situazione dell’amministrazione partenopea, non dissimile da tante altre del Mezzogiorno, con «numero di dirigenti ridotto all’osso e una percentuale di laureati bassa rispetto al centro e nord Italia». «Ma soprattutto – ha ricordato il primo cittadino – abbiamo bisogno di tecnici e professionisti esperti di progettazione e rendicontazione. E senza queste risorse rischiamo di partire con gravi svantaggi e seri rischi verso l’occasione del Pnrr». Non c’è altro da aggiungere.
Andrea Lezzi (Rubrica BRINDISI VISTA DA ROMA – Agenda Brindisi 29 ottobre 2021)

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