Sulla recinzione che delimita l’impalcatura per gli interventi di consolidamento e restauro delle cortine murarie esterne dell’ex seminario, si legge: «AverCura». Non si sa se sia un motto o una «parola d’ordine» della ditta incaricata dei lavori di restauro o voglia suggerire – a chi legge – un certo comportamento. E’ una frase breve ma incisiva che sintetizza un concetto importante: avere cura dei beni comuni. Perché questa scritta sortisca l’auspicato effetto positivo bisogna riuscire a vederla, non solo guardarla. Si sa che tra guardare e vedere, come tra sentire e ascoltare c’è quella differenza apparentemente sottile che trasforma un semplice senso istintivo in un’azione voluta. Cosa mi ha fatto vedere quella scritta mentre la guardavo? La presenza, qualche metro più in là, dell’ormai noto nonno Vito, curvo nel dipingere i dissuasori (quelli superstiti) di Piazza Duomo. E’ stata questa casuale concomitanza, probabilmente, che mi ha fatto balzare agli occhi una cosa che sino ad allora avevo solo guardato: «AverCura», avere cura. Nonno Vito, è un personaggio ormai noto e, per certi aspetti, controverso, ma con tutti i suoi limiti spesso anche tecnici dimostra a mio avviso una certa sensibilità nel guardarsi attorno, una cura che è carente in chi è preposto al mantenimento del decoro cittadino. Probabilmente molti troveranno questo paragone fuori luogo e irriverente nei confronti della macchina pubblica, ma ditemi un po’, per esempio, da quanti anni si assiste alla «sparizione» dei dissuasori in piazza Duomo – ove per altro esiste un divieto di sosta – senza muovere un dito? Forse qualcuno spera che facciano «fuori» i quattro dissuasori superstiti per togliersi il pensiero.
Continuiamo con gli esempi? Viale Regina Margherita non c’è una aiuola che non sia stata trasformata in un grande portacenere: sono divenute tutte un ricettacolo di cicche. Non c’è dubbio, siamo in presenza di una perniciosa mancanza di civiltà da parte dei cittadini ma anche di una carente attenzione da parte dell’Amministrazione comunale nel pulire le aiuole e nel dotare la via di portarifiuti adeguati, perchè quelli esistenti sono inefficienti oltre che danneggiati.
E visto che ci troviamo sul lungomare, soffermiamoci sulla pavimentazione lignea. C’è stato un recente intervento che ha tentato di eliminare alcune sporgenze causate dall’eccessivo imbarcamento dei listelli. Quella pavimentazione – viste le condizioni – pare non essere mai stata manutenuta né tanto meno abbia mai visto una goccia di vernice protettiva. Eliminati i difetti segnalati, il Comune ha fatto sapere che interverrà in maniera più radicale. Si spera quanto prima poichè le condizioni sono cattive e pericolose, ciò succede quando non si fanno le periodiche manutenzioni ordinarie con ricorso a specialisti … alla fine si è costretti a fare quelle straordinarie con oneri maggiori.
Potremmo continuare. Se camminando in città imparassimo a vedere e non a guardare distrattamente ci accorgeremmo (ma dovrebbe farlo chi di dovere) di tante «piccole» cose da mettere a posto che nel loro complesso costituiscono un grosso problema e definiscono il decoro di una città. Se per esempio le aiuole del lungomare sono in ordine probabilmente passano inosservate cosa che non accade nelle condizioni attuali. I mattoni di porfido in piazza Vittoria (altro esempio) attirano l’attenzione perchè in gran parte sono divelti (da svariati anni) e trasmettono un senso di sciatteria.
Un inglese ci qualificherebbe – visto che amiamo inglesizzare – «derelict city».
Giorgio Sciarra (Rubrica zona franca – Agenda Brindisi 17 settembre 2021)