Valorizzare i «totem» – Abbiamo più volte evidenziato e denunciato lo stato di degrado e di pericolosità – oltre che ormai di totale inutilità – delle varie colonnine sparse per la città. Sono ciò che rimane di una progettualità evidentemente fasulla che ha approfittato dei cordoni larghi della Comunità Europea. Un giorno si dovrà pur fare il conto di quanto si è speso di tali fondi e quanti di questi, oggi, hanno prodotto un reale vantaggio per la comunità. Non escluso il tentativo di servizio di bike sharing che in realtà più che un servizio di mobilità leggera è stato un serbatoio senza fine di pezzi di ricambio. Riguardo a ciò e alle ovvie e scontate considerazioni da fare, sorge spontaneo un suggerimento che probabilmente sarà ignorato a prescindere.
La rimozione di tali residuati, compreso ciò che rimane delle «piazzole» del bike sharing, dovrebbe essere un fatto scontato e non sollecitato. Ma così non è, vengono rimossi solo qualora costituiscano un reale pericolo per le persone e quando le proteste raggiungono valori di guardia. Così è, purtroppo.
Qual è la mia proposta, il mio suggerimento affinché la loro «esistenza» abbia alla fine una utilità? Per decenza, ovviamente, la rimozione di tutto ciò che non sarà più utilizzato ma con l’accortezza di conservare un esemplare per ogni progetto che avrebbe dovuto migliorarci la vita. Una volta terminata questa «raccolta», è necessario trovare un luogo pubblico, frequentato dalla politica cittadina e dalla cittadinanza, come per esempio l’aula consigliare o simili, per esporli. Una sorta di sala dei «Totem» con l’accortezza di corredare ogni esemplare di una dettagliata descrizione: a cosa sarebbero dovuti servire, per quanto tempo, se sono mai entrati in funzione e, cosa importante, quanto sono costati. Penso che per questi manufatti una fine migliore di una discarica, la speranza che possano rappresentare un monito e farci risparmiare almeno una delle tante sciocchezze che qualcuno riesce ad «inventare».
La nuova base navale e i «freni» – E’ riapparsa la notizia della possibilità di allocare altrove la base navale della Marina Militare: da un anno sono in corso trattative per condurre in «porto» una questione che, oltre a consolidare la presenza della Marina Militare, cambierebbe il volto (urbanistico e sociale) di Brindisi. Ed è strano come non ci si renda conto della portata di un’operazione del genere che dovrebbe vedere tutte le forze politiche e sociali lavorare in sintonia per raggiungere un obiettivo del genere. Ma siamo a Brindisi, città strana alla quale un antropologo dovrebbe dedicare i propri studi.
Riguardo a tale questione, l’onorevole Mauro D’Attis ha affermato, tra l’altro: «Oggi apprendiamo di una nuova base anfibia per la Marina Militare». Se l’onorevole D’Attis ha buona memoria (e non potrebbe essere altrimenti), sa che non è così, non può avere appreso oggi di questo progetto. Nel 2008 era assessore alla programmazione economica e sviluppo (successivamente divenne anche vice sindaco) e si occupò, coordinandoli, dei lavori dell’«Area Vasta» e dei relativi progetti da inserire. Fu in quella occasione che l’associazione Italia Nostra gli presentò e illustrò una idea progettuale: l’ipotesi dello spostamento della base navale sulla colmata di Capobianco e sui terreni circostanti (allora tutti del demanio della Marina Militare) e la conseguente restituzione delle aree attualmente occupate dalla M.M. alla città di Brindisi. Questa ipotesi prevedeva un accordo di programma tra Comune, Provincia, Regione e Ministero Difesa (Marina Militare). E’ immaginabile che una idea del genere non possa (e si spera non debba) passare inosservata, per cui non credo che D’Attis, se fa mente locale, possa ancore dire di aver appreso solo oggi di questo progetto. Meraviglia invece che già all’epoca non si sia attivato e impegnato, come politico, per la sua attuazione e per mettere in campo quella «strategia» che oggi invoca. Evidentemente a quell’idea, già allora, credeva poco e in quel periodo lo sviluppo del porto non c’entrava nulla, come poco, a ben riflettere, c’entra oggi. A parte il fatto che progetti del genere hanno bisogno di una valutazione di più ampia portata, mettendo sul piatto della bilancia le più diverse valutazioni e facendo bene attenzione a far prevalere gli interessi generali e non altri. Ed è per questo che sembra scontato, oltre che ovvio, quanto sia importante il massimo coinvolgimento della cittadinanza.
Giorgio Sciarra (Rubrica ZONA FRANCA – Agenda Brindisi 16 luglio 2021)