Autore: IN EVIDENZA L'angolo della cultura Rubriche

Sì, la verità è figlia del tempo

«Quid est veritas?», chiese Ponzio Pilato a Gesù. Lo sventurato non rispose. Aveva capito che, a quella provocazione, non poteva che rispondere con un silenzio-rifiuto. Per la dottrina cristiana, in Gesù si incarna la verità assoluta del Dio Padre, quella veritas che già nel mondo classico latino implicava un’accezione di impegno di fede da riconoscere e da assumere (non a caso la «vera» è l’anello nuziale).
Gli antichi greci, più raffinati dei romani, davano al termine aletheia una diversa connotazione, incline alla ricerca di un percorso di svelamento dei fatti. Al pensiero dominante greco si affianca qualche teoria controcorrente, come quella del sofista Gorgia di Lentini, una sorta di Sgarbi ante litteram, per il quale la verità coincide sì con la realtà, ma proprio come questa non è conoscibile, e se anche lo fosse, non sarebbe dimostrabile, ergo non esiste: «Il tutto è falso» (che è anche un testo di Giorgio Gaber!). Ma torniamo all’ortodossia. La via che porta ad individuare la verità è uno dei due sentieri percorribili dall’uomo, l’altro è quello che conduce al baratro delle false opinioni e dell’ignoranza, insomma a quelle che oggi definiamo fattoidi e fake news. Il concetto di verità da disvelare per andare oltre le apparenze è stato poi ripreso da molti pensatori, basti pensare a Schopenhauer e al suo famoso «Velo di Maya». Ancora più netto è Nietzsche: «Non ci solo verità, ma solo interpretazioni», asserzione che apre le porte al decostruzionismo, teoria che nega ogni significato oggettivo, perché il significato è il prodotto dell’interpretazione e questa non può che essere fraintendimento e arbitrio, figlia di condizionamenti e pressioni di natura politica, economica e culturale. Col primo novecento si apre il secolo della crisi, e la quaestio si sposta sull’asse pirandelliano romanzo-teatro.
Tra le tante opere sull’argomento, spicca «Così è (se vi pare)». Finale del III atto: entra una donna col capo ricoperto da un lungo velo (non vi ricorda Magritte?). «La verità è che io sono la figlia della signora Frola e la moglie del signor Ponza», dice la donna velata ai presenti. Replica il Prefetto: «Ma no, signora, lei è o l’una o l’altra!». Risposta: «Nossignori! Per me io sono colei che mi si crede!». Buio, sipario. Non c’è una verità assoluta, ma esistono tante verità, tutte soggettive. Concetto che, negli stessi anni era stato già elaborato dai fisici quantistici. Oggi, anche se la deriva postmodernista celebra forme irrazionali tendenti alla postverità incentivata dal web, la concezione che la verità non sia una categoria ideale ma solo un assieme di contaminazioni, ricerca di indizi e relazioni che poi compongono un puzzle condivisibile con altri, è acclarata da filosofi e scienziati. I dogmi, religiosi o laici, sono sempre pericolosi e non favoriscono il confronto e la discussione costruttiva. Cose di cui abbiamo terribilmente bisogno.
Gabriele D’Amelj Melodia (Rubrica CULTURA – Agenda Brindisi 9 aprile 2021)

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