Piccolo, tosto, diabolico. Hijo de puta e de la Pampa, testa grossa e piede fino, con quel sinistro magico vellutava palloni al curaro, facendo dannare gli avversari e impazzire i suoi fan, prima in Argentina, dove si guadagnò il nomignolo di «Pibe de oro», e poi a Napoli, di cui divenne il secondo Masaniello. Portava il numero 10 sulle spalle e il suo nome era … OMAR SIVORI. Colpo di scena! Già, fu lui il primo ad essere chiamato «Pibe de oro». Basta maratona su Maradona, spostiamo il tiro e inquadriamo invece altri grandi campioni degni di essere spalmati con l’unguento miracoloso della memoria. Ho voluto ricordare el Cabezòn, colui che ispirò al principe De Curtis il celebre verso «Vide Omar quant’è bello …», ma poi, con un salto storico di circa vent’anni, voglio raccontarvi del calcio degli anni ‘70-’80, per rinverdire un’epoca felice e, per chi l’ha vissuta, indimenticabile.
A quei tempi si seguivano le partite alla radio, pendendo dalle labbra dei mitici cronisti di «Tutto il calcio minuto per minuto» (Bortoluzzi, Ameri, Luzzi, Provenzano). «Ed è tutto da Torino, a voi Firenze!». «Qui al Franchi pomeriggio languido come gli occhi di Ornella Muti …». Chi può dimenticare i lirici e giogioneschi incipit di Sandro Ciotti, l’uomo dalla cavernosa voce di orco e dai ridicoli collettoni di camicia anni ‘60! E qualsiasi fosse stato il risultato ottenuto dalla nostra squadra del cuore, si brindava con Stock 84, appallottolando la schedina traditrice e pensando già al prossimo 13. Nel decennio prima dell’avvento di Diego ci siamo nutriti a pane e Pelé, odorando rapiti il fine olezzo di tulipani come Neeskens e Crujf, inebriandoci con gli spumeggianti dribbling di Claudio Sala, di «baffo» Mazzola e dell’ «abatino» Rivera, mentre ad esaltare la nostra sete di potenza ci pensarono i Graziani e i Pulici, i Riva e i Chinaglia. Figurine Panini stampate in maniera indelebile nell’amigdala, prima in bianco-nero e poi, dall’80 in avanti, anche a colori. Tempi magici, di un calcio genuino e di qualità, deturpato solo dalla dolorosissima ferita dello scandalo del calcioscommesse, scoppiato nel marzo del 1980 con lo shock delle Gazzelle della Polizia sul prato dell’Olimpico e delle manette scattate ai polsi di Albertosi, Manfredonia, Giordano, Wilson. La nottata buia e tempestosa passò e venne la luce dei mondiali ‘82, vinti dalla banda Bearzot, capeggiata dall’immenso Pablito Rossi. Quella sera, dopo il trionfo in finale con i crucchi di «Cermania», il grande istrione dal farlocco pel di carota Aldone Biscardi si superò, inanellando una serie di ghirigori barocchi profumati dall’incenso della retorica più vieta, per fortuna mitigata da una di quelle gag involontarie di cui fu Maestro: «Per favore parlate massimo due, tre, alla volta, non vi accavallate!». Altri tempi, altre atmosfere, tempi andati, ma ancora vivi dentro di noi.
Bastiancontrario (Rubrica CONTROVENTO – Agenda Brindisi 4 dicembre 2020)
Tutti pazzi per il «Pibe de oro»
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